CORSO DI CHIMICA E PROPEDEUTICA BIOCHIMICA
PRIMA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA - CLM "B"
SAPIENZA UNIVERSITA' DI ROMA
LE SOLUZIONI
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      Si definisce soluzione una miscela di sostanze che condividono un'unica fase termodinamica. Le soluzioni possono trovarsi allo stato gassoso (e allora sono piu' spesso definite miscele gassose); per la medicina la miscela gassosa piu' importante e' l'aria. Possono trovarsi allo stato liquido e' questo e' il caso piu' frequente e il piu' importante per la medicina. Possono infine trovarsi allo stato solido, come avviene per le leghe metalliche, che hanno alcune applicazioni mediche (protesi, otturazioni dentarie, etc.).
      Le soluzioni solide (essenzialmente le leghe metalliche e i cristalli misti dei sali isomorfogeni) hanno troppo poco interesse medico per giustificare una descrizione dettagliata; saranno quindi studiate soltanto le soluzioni liquide e le miscele gassose.
      I COMPONENTI DELLE SOLUZIONI. Le soluzioni sono costituite da almeno due sostanze diverse, delle quali quella presente in maggiore quantita' prende il nome di
solvente
, l'altra (o le altre) quello di
soluto
(o soluti).
      In genere lo stato di aggregazione della soluzione e' quello che il solvente avrebbe se fosse da solo nelle condizioni di temperatura e pressione considerate, ma esistono piccole variazioni: ad es. la soluzione liquida ha punti di congelamento e di ebollizione diversi da quelli del solvente puro e questo implica che in prossimita' del cambiamento di stato la soluzione ed il solvente puro possono differire per lo stato di aggregazione.
LA CONCENTRAZIONE DELLE SOLUZIONI
      Si definisce
concentrazione
della soluzione (o del soluto) il rapporto tra la quantita' del soluto e la quantita' del solvente o della soluzione. Poiche' esistono varie unita' di misura per la quantita' di materia, esistono anche varie unita' di misura per la concentrazione:
1)
percentuale peso/peso
: grammi di soluto contenuti in 100 g di soluzione.
2)
percentuale peso/volume
: grammi di soluto contenuti in 100 ml di soluzione.
3)
percentuale volume/volume
: ml di soluto contenuti in 100 ml di soluzione (applicata ai soluti che nel loro stato puro sono liquidi o gassosi).
4)
molarita'
: moli di soluto contenuti in 1 litro di soluzione.
5)
normalita'
: numero di equivalenti di soluto contenuti in 1 litro di soluzione.
6)
molalita'
: moli di soluto contenuti in 1 kg di solvente.
7)
frazione molare
: rapporto fra le moli di soluto e la somma del numero di moli di ciascun componente della soluzione (solvente piu' ciascuno dei soluti).
MISCELE GASSOSE
      Per la medicina la miscela gassosa piu' importante e' l'aria, una miscela di azoto, ossigeno ed altri gas. L'aria contiene una quantita' variabile di vapore acqueo (in frazione molare < 0,05); eliminato questo, le frazioni molari dei componenti dell'aria secca sono: N
2
= 0,79; O
2
= 0,20; altri gas = 0,01.
      PRESSIONE PARZIALE. In una miscela di gas perfetti, ogni molecola si comporta in modo indipendente da ogni altra e ciascun gas contribuisce alla pressione totale della miscela in ragione del suo numero di moli.
      Di conseguenza e' possibile calcolare la
pressione parziale
di ciascun gas, cioe' la pressione che quel componente eserciterebbe se fosse solo ad occupare il volume a disposizione della miscela:
P
i
= n
i
R T / V (1)
Naturalmente la somma delle pressioni parziali e' pari alla pressione totale della miscela:
P
tot
= P
i
+ P
j
+ P
k
... (2)
      Si puo' facilmente dimostrare che il rapporto tra la pressione parziale e la pressione totale e' uguale alla frazione molare:
X
i
= n
i
/ (n
i
+ n
j
+ n
k
...) = P
i
/ P
tot
(3)
      VOLUME PARZIALE. In analogia con la pressione parziale si definisce il
volume parziale
come il volume che ciascun componente di una miscela gassosa occuperebbe se fosse solo ad una pressione pari alla pressione totale della miscela:
V
i
= n
i
R T / P
tot
(4)
Naturalmente la somma dei volumi parziali e' pari al volume totale della miscela:
V
tot
= V
i
+ V
j
+ V
k
... (5)
      Il volume parziale ha questo significato: la miscela potrebbe essere prodotta mescolando volumi di gas pari ai volumi parziali desiderati (tutti misurati alle stesse condizioni di temperatura e pressione); inoltre il rapporto tra il volume parziale ed il volume totale e' pari alla frazione molare:
X
i
= n
i
/ (n
i
+ n
j
+ n
k
...) = V
i
/ V
tot
= P
i
/ P
tot
(6)
      USO DEI CONCETTI DI PRESSIONE E VOLUME PARZIALE. Si consideri il seguente esperimento che ha lo scopo di determinare la frazione molare dell'ossigeno in una miscela gassosa. Si ha a disposizione un recipiente contenente la miscela e si puo' operare sia a volume che a pressione costante; in ogni caso devono essere misurati i due parametri (pressione e volume). Si introduce nel recipiente della limatura di zinco (senza permettere la fuoriuscita del gas!) in modo da consumare l'ossigeno (ma non gli altri gas) con la reazione 2 Zn + O
2
--> 2 ZnO. Se l'esperimento e' condotto a volume costante si osservera' una diminuzione di pressione pari alla pressione parziale dell'ossigeno; se invece l'esperimento e' condotto a pressione costante si osservera' una diminuzione di volume pari al volume parziale dell'ossigeno.
Figura 1: consumando l'ossigeno contenuto una miscela gassosa (quale l'aria) si possono osservare le pressioni o i volumi parziali dei gas rimanenti (e calcolare per differenza quelli dell'ossigeno consumato).
      UNA APPLICAZIONE CLINICA. Ad un paziente che ha difficolta' respiratorie possono essere somministrate attraverso maschere o altri dispositivi miscele composte da aria e ossigeno puro, curando pero' che la percentuale di O
2
(ovvero la sua frazione molare) nella miscela inspirata non superi il 50%, soglia oltre la quale l'ossigeno ha effetti dannosi sulle cellule. Per ragioni pratiche aria e ossigeno sono utilizzati alla pressione atmosferica (1 atm = 760 mmHg) e il miscelatore miscela volumi/min. dei due gas nelle proporzioni desiderate. E' importante saper calcolare la frazione molare dell'ossigeno nella miscela somministrata al paziente per accertarsi di non superare la soglia di tossicita'. Questo tipo di misura e' analogo alla miscelazione di due soluzioni dello stesso soluto ed il calcolo si svolge in questo modo:
n
O2, aria
= V
aria
x P x 20% / R x T
n
altri gas, aria
= V
aria
x P x 80% / R x T
n
O2, puro
= V
O2
x P x 100% / R x T
X
O2, miscela
= (n
O2, aria
+ n
O2, puro
) / (n
O2, aria
+ n
O2, puro
+ n
altri gas, aria
)
      Dal calcolo riportato sopra si puo' ricavare la seguente formula semplificata:
X
O2, miscela
= 0,2 x %volume
aria
+ %volume
O2, puro
      Le semplificazioni adottate includono i dati approssimativamente costanti: X
O2, aria
=0,2; X
O2, puro
=1. Si tenga presente che la miscela gassosa, una volta preparata, deve essere umidificata (saturata con vapore acqueo) per non causare disidratazione delle mucose respiratorie e questo abbassa leggermente le frazioni molari calcolate, essendo la pressione di vapore saturo dell'acqua circa 18 mmHg a 25°C.
     
Esempio
: Un paziente respira una miscela composta da aria per il 60% in volume e ossigeno puro per il 40%. Entrambi i gas sono umidificati alla temperatura di 25
o
e si trovano alla pressione di 1 atm. Quali sono la pressione parziale e la percentuale di ossigeno della miscela (si ricordi che la percentuale in volume corrisponde alla frazione molare moltiplicata per 100)? a lungo termine una percentuale di ossigeno superiore al 60% e' dannosa per l'epitelio alveolare; questo valore viene superato in questa miscela?
Risposta
: 1 L di questa miscela contiene 600 mL di aria con un contenuto di ossigeno del 20%, quindi 600x20/100=120 mL di ossigeno (i rimanenti 480 mL sono invece costituiti da azoto); e 400 mL di ossigeno puro. In totale l'ossigeno, prima dell'umidificazione della miscela risulta: 400+120=520 mL, con una percentuale in volume pari a: (520/1000)x100=52%.
Dopo l'umidificazione la pressione attribuita alla miscela, detratto il contributo del vapore d'acqua risulta 760-18=742 mmHg e la pressione parziale dell'ossigeno risulta 742x52/100=386 mmHg. La pressione parziale dell'azoto e' 742x48/100=356 mmHg. La frazione molare dell'ossigeno, calcolata dalle pressioni parziali risulta: 386/(386+356+18)=0,51=51% quindi al di sotto della soglia del 60%.
SOLUBILITA' E SATURAZIONE
      Per molte coppie soluto-solvente esiste una concentrazione massima, raggiunta la quale il soluto non e' piu' solubile e precipita formando il cosiddetto "corpo di fondo".
      Ad esempio il comune sale da cucina (NaCl) e' solubile fino alla concentrazione di circa 6 M; pertanto se si prova a discioglerne una quantita' piu' grande di 34 g/ 100 ml si ottiene un corpo di fondo (100 ml e' circa mezzo bicchiere di acqua, provare per credere).
      La massima concentrazione ottenibile di un soluto e' definita la sua solubilita' in quel solvente e la soluzione che la contiene e' definita satura. La solubilita' dipende dal composto considerato, dal solvente e dalla temperatura.
LA RELAZIONE FONDAMENTALE C=n/V
      La relazione che correla la quantita' di soluto ed il volume della soluzione alla concentrazione:
C=n/V (7)
      Questa relazione vale cosi' com'e' per la molarita' e puo' richiedere piccole variazioni per le altre unita' di misura della concentrazione (ad es. C=n/Kg
solvente
per la molalita').
      Oltre a permetterci di calcolare la concentrazione della soluzione puo' essere usata per calcolare il numero di moli di soluto contenute in un certo volume di una soluzione a concentrazione nota:
n=CxV (8)
      Inoltre nella medicina questa relazione viene utilizzata per le determinazioni dei volumi:
V=n/C (9)
      VOLUME MOLARE. Come per i gas perfetti anche per le soluzioni ci si puo' chiedere quale sia il volume molare del soluto, ovvero quale volume della soluzione contenga esattamente una mole di soluto. Il volume molare del soluto e' facilmente calcolabile dalla eq.9, uguagliando n ad 1: si ottiene che Vmolare = 1/C (docve C deve essere espressa in molarita').
DILUIZIONI E MESCOLAMENTI
      DILUIZIONI. Una diluizione viene effettuata aggiungendo solvente puro ad una soluzione. Poiche' il numero di moli del soluto non cambia (in questo esperimento non viene ne' aggiunto ne' sottratto soluto ma soltanto solvente), la relazione fondamentale ci dice che:
n = C
1
V
1
= C
2
V
2
(10)
Pertanto la concentrazione finale della soluzione risulta:
C
2
= C
1
V
1
/ V
2
(11)
      Il rapporto tra i volumi finale ed iniziale si chiama fattore di diluizione e poiche' V
2
> V
1
, e' sempre maggiore dell'unita':
F = fattore di diluizione = V
2
/ V
1
(12)
Vale quindi:
C
2
= C
1
/ F (13)
      MESCOLAMENTO. Quando si mescolano due soluzioni dello stesso soluto a diversa concentrazione se ne ottiene una terza a concentrazione intermedia; infatti:
n = C
1
V
1
+ C
2
V
2
= C
3
V
3
(14)
V
3
= V
1
+ V
2
(15)
C
3
= (C
1
V
1
+ C
2
V
2
) / (V
1
+ V
2
) (16)
      DILUIZIONI SERIALI. Quando sia importante ottenere diluizioni molto spinte (ad es. negli esami sull'attivita' anticorpale del sangue) non e' pratico diluire il campione fino alla concentrazione desiderata in un unico passaggio, e si ricorre al metodo delle diluizioni seriali.
      Si supponga di dover diluire 10.000 volte 1 ml di siero di sangue. Il fattore di diluizione richiesto corrisponde a V
2
=10.000 x 1 ml = 10 l. Chiaramente effettuare questa diluizione non e' pratico. Si procede quindi in questo modo: si diluisce il campione a 100 ml realizzando una prima diluizione con fattore F
1
=100; poi si preleva 1ml della soluzione ottenuta e lo si diluisce di nuovo a 100 ml, quindi ancora con fattore F
2
=100.
      Se si fosse proceduto con unica diluizione e F=10.000 si sarebbe ottenuto:
V
in
= 1 ml
V
fin
= 10.000 ml = 10 l
C
fin
= C
in
/ 10.000
      Procedendo con il metodo descritto sopra e' stata invece realizzata una diluizione intermedia e si e' ottenuto:
V
in
= 1 ml
V
int
= 100 ml
C
int
= C
in
/ 100
V
fin
= 100 ml
C
fin
= C
int
/ 100 = C
in
/ (100x100) = C
in
/ 10.000
      Come si vede, il metodo delle diluizioni seriali produce lo stesso risultato della diluizione diretta ma e' piu' comodo e meno costoso.
      Per generalizzare la formula, quando si realizza una serie di N diluizioni con fattore di diluizione costante F, la relazione tra la concentrazione finale e quella iniziale e' la seguente:
C
fin
= C
in
/ F
N
(17)
      Il metodo delle diluizioni seriali e' usato in medicina per determinare il titolo (concentrazione) di alcune sostanze presenti nel sangue a basse concentrazioni quali ad esempio gli anticorpi specifici per alcune malattie. Il principio della determinazione e' semplice: si diluisce serialmente il siero di sangue del paziente e si determina qual e' la massima diluizione alla quale e' ancora possibile osservare la reazione caratteristica della sostanza cercata. Ad esempio un siero potrebbe avere un Titolo Anti Streptolisinico (TAS) pari a 10.000: questo vuol dire che l'anticorpo anti streptolisina e' ancora attivo dopo una diluizione con fattore 10.000 (realizzata in genere mediante una serie di diluizioni con fattore 5 o 10). Il valore TAS=10.000 e' considerato positivo, cioe' indica che il paziente presenta una infezione streptococcica recente o in corso, alla quale sta rispondendo con la sintesi degli anticorpi. Per contro un TAS=100 e' considerato negativo, cioe' indice di bassa concentrazione degli anticorpi e quindi di infezione assente o remota.
      OMEOPATIA. La medicina omeopatica fu codificata da S. Hahnemann tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800.
      I principi sui quali si basa sono i seguenti:
1) il farmaco efficace e' quello che causa nel sano gli stessi sintomi che la malattia causa nel malato (legge dei simili; similia similibus curentur)
2) il farmaco deve essere somministrato in forma pura e deve essre adatto al paziente (individualizzazione): deve cioe' causare nel sano tutti (o la maggior parte) dei suoi sintomi e possibilmente soltanto quelli.
3) il farmaco aumenta di potenza se viene diluito serialmente (potentizzazione; legge delle diluizioni o degli infinitesimi). E' importante che ad ogni diluizione segua una energica agitazione (succussione).
      Il principio n.3, che si interessa in questa sede, era applicato da Hahnemann con il metodo delle diluizioni seriali centesimali (indicate come C o CH). Hahnemann utilizzava le potenze "basse" (3-6C), "medie" (10-15C) e "alte" (fino a 30C ed oltre) ed e' facile calcolare (con la formula 17) che anche alle medie diluizioni viene superato il numero di Avogadro; di conseguenza la dose somministrata al paziente della gran parte dei farmaci omeopatici non contiene neppure una molecola della sostanza da cui prende il nome.
      Una analisi critica piu' dettagliata dei principi dell'omeopatia e' disponibile su questo
sito web
.
LE SOLUZIONI DELL'ORGANISMO
      Il nostro organismo e' composto da acqua per circa il 70% in peso; della parte non acquosa hanno massa significativa la matrice minerale dello scheletro (di fosfato di calcio) e il tessuto adiposo.
      L'acqua del nostro organismo e' distribuita in tre compartimenti comunicanti: il liquido intracellulare; il liquido extracellulare ed il sangue.
      In tutti e tre i compartimenti l'acqua e' il solvente di soluzioni complesse, di molti soluti micro- e macro-molecolari, tra i quali hanno particolare importanza:
- elettroliti (ioni sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruro, bicarbonato ed altri)
- proteine
- glucosio
      La concentrazione dei soluti nei liquidi biologici e' in genere mantenuta costante da complessi meccanismi di controllo, specifici per ogni soluto ed esercitati a livello renale, epatico, respiratorio, ormonale, etc.
      Ad esempio, le concentrazioni medie dei principali soluti del plasma di sangue (per l'uomo sano) sono:
ione sodio
140 mM
ione cloruro
100 mM
ione bicarbonato
26 mM
ione potassio
5 mM
ione calcio
2,5 mM
glucosio
80 mg / 100 ml
proteine
7 g / 100ml
Variazioni significative da questi valori sono spesso indice di malattie
MISURE DI VOLUME, FLUSSO E CLEARANCE
      IL SANGUE DELL'UOMO. Gli argomenti trattati in questa sezione del corso richiedono una minima familiarita' con la composizione dei liquidi biologici, in particolare del sangue. Il sangue intero come ottenuto da un prelievo arterioso o venoso e' un liquido denso e opaco, di intenso colore rosso. Raccolto con un anticoagulante e lasciato a se' si separa in due parti: una piu' pesante, sul fondo della provetta che lo contiene di colore rosso molto scuro: i globuli rossi; l'altra piu' leggera trasparente e di colore giallastro: il plasma. Sulla superficie di contatto tra le due componenti si nota a volte uno straterello bianco molto sottile (buffy coat) costituito da globuli bianchi e piastrine. Il volume dei globuli rossi corrisponde a circa il 45% del totale, quello del plasma al rimanente 55%. Il plasma e' una soluzione acquosa di proteine, sali ed altre sostanze; se gli si consente di coagulare se ne elimina una specifica proteina (la fibrina) e il liquido restante prende il nome di siero.
      MISURE DEI VOLUMI DEI FLUIDI CORPOREI. In alcune circostanze il medico puo' desiderare di misurare non solo la concentrazione dei soluti ematici, ma anche il volume del sangue o degli altri compartimenti liquidi dell'organismo.
      Questo tipo di misura viene effettuato sfruttando l'equazione 9.
      Si procede come segue: si inietta per via endovenosa una sostanza non tossica e facile da identificare, definita tracciante (per il sangue si usa in genere albumina umana marcata con un isotopo radioattivo), in quantita' nota; poi, atteso un tempo sufficiente perche' questa si distribuisca in modo uniforme, si esegue un prelievo di sangue e si dosa la concentrazione della sostanza. A questo punto, noti n e C si determina V=n/C.
      Il procedimento descritto puo' essere applicato per misurare il volume del sangue (la
volemia
), quello di tutto il liquido extracellulare (incluso quindi il sangue), e quello di tutti i liquidi presenti nell'organismo (total body water, TBW), variando semplicemente il tracciante usato (che deve ripartirsi in modo omogeneo in tutto il compartimento del quale si vuole misurare il volume) ed il tempo di attesa. Possibili sorgenti di errore: tracciante che non si ripartisce in modo omogeneo; tempi di attesa troppo brevi (che non consentono la distribuzione del tracciante in tutto il compartimento); tempi di attesa troppo lunghi (il tracciante viene eliminato, in genere per via renale, quindi si ha variazione di n).
      MISURE DI FLUSSO. La determinazione di un flusso (volume/minuto) e' piu' complessa di quella del semplice volume. Un esempio tipico e' quello della misura del flusso ematico polmonare, rilevante per molte diagnosi. Per illustrare il procedimento immaginiamo una determinazione effettuata come segue.
      Un paziente respira in uno spirometro, strumento che consente di determinare i volumi dell'aria inspirata ed espirata, ed il relativo contenuto di ossigeno. Un valore tipico per questa determinazione potrebbe essere:
aria inspirata 5 l/min, 1 atm, 25 gradi C, O
2
20% in volume
n
O2 inspirato
/min = 5 l x 0,2 x 1 atm / (0,082 x 298 K) = 0,041 moli
aria espirata 5 l/min, 1 atm, 25 gradi C, O
2
15% in volume
n
O2 espirato
/min = 5 l x 0,15 x 1 atm / (0,082 x 298 K) = 0,031 moli
Ossigeno trattenuto dall'organismo in un minuto = 0,041 - 0,031 = 0,01 moli
      Nel corso della determinazioni dei volumi dell'aria inspirata ed espirata, il paziente viene sottoposto ad un prelievo di sangue arterioso e ad un prelievo di sangue venoso. Il sangue venoso e' quello che non ha ancora attraversato il polmone (quindi e' povero di ossigeno), quello arterioso e' quello che ha appena traversato il polmone (quindi e' ricco di ossigeno). In entrambi i campioni di sangue si determina il contenuto di ossigeno; questa determinazione non e' priva di specifiche difficolta', che pero' in questa sede vengono tarscurate. I valori medi tipici per le persone sane sono:
contenuto di O
2
nel sangue arterioso = 0,01 moli/l
contenuto di O
2
nel sangue venoso = 0,008 moli/l
differenza artero-venosa di O
2
= 0,01-0,008 = 0,002 moli/l
      La domanda che ci si pone e' la seguente: quanti litri di sangue devono attraversare i polmoni in un minuto per estrarre 0,01 moli di O
2
(calcolate dalle misure effettuate sull'aria inspirata ed espirata) visto che ogni litro di sangue attraversando i polmoni si arricchisce di 0,002 moli del gas? La risposta e':
flusso polmonare = 0,01 moli/min / 0,002 moli/l = 5 l/min.
      MISURE DI CLEARANCE. La clearance e' un flusso "teorico", immaginario, ma che fornisce una indicazione clinica rilevante sulla funzionalita' di alcuni organi (in genere del rene; occasionalmente del fegato o del polmone). Descriviamo qui la misura della clearance renale della creatinina (una misura comunemente utilizzata nella medicina) a titolo di esempio.
      Mediante un prelievo venoso viene determinata la concentrazione della creatinina, un tracciante naturalmente presente nel sangue; il valore normale e' <1,2 mg/100 ml. Vengono raccolte le urine del paziente per un tempo sufficientemente lungo (mediante cateterismo vescicale e' possibile raccogliere l'urina prodotta in tempi brevi, ad es. in 15 min.; se si vuole evitare questa pratica e' opportuno raccogliere le urine su un periodo piu' lungo, ad es. 12 ore). Viene determinata la concentrazione della creatinina nelle urine. La clearance renale della sostanza puo' ora essere determinata come:
clearance
creatinina
= V
urine
C
urine
/ C
plasmatica
      Questa e' equazione costituisce una applicazione dell'eq. 10 e calcola in quale volume di plasma sanguigno era contenuta la creatinina escreta. Il medico avra' avuto cura naturalmente di riportare V
urine
ad un volume/min. o ad un volume/h dividendo il volume totale dell'urina raccolta per il numero di minuti o di ore della raccolta, perche' la clearance ha le unita' di misura volume/tempo.
      La clearance cosi' determinata non e' pero' un vero volume o flusso (al contrario del flusso polmonare calcolato sopra) perche' il valore calcolato risente del fatto che non tutto il sangue che attraversa il rene viene filtrato e depurato, e non tutto il soluto presente nel filtrato finisce poi nell'urina (alcuni soluti vengono riassorbiti, altri escreti dai tubuli renali). I valori medi per le persone sane sono i seguenti: flusso ematico renale circa 1,2 l/min (questo corrisponde ad un flusso di plasma di circa 650 ml/min); flusso del filtrato glomerulare circa 125 ml/min; riassorbimento dell'acqua oltre 99% e urina prodotta circa 1 ml/min. La creatinina non viene ne' assorbita ne' secreta dai tubuli renali e quindi la sua clearance fisiologica media e' prossima al volume del filtrato (125 ml/min di plasma o 240 ml/min di sangue).
CONVERSIONE DELLE UNITA' DI MISURA
      Ce ne sono di facili e di difficili. Un esempio di conversione facile e' quella da percentuale peso/volume a molarita' perche' le due unita' sono tra loro omogenee (infatti entrambe sono definite come quantita' di soluto diviso per volume di soluzione). Per effettuare questa conversione si procede come segue:
1) si moltiplica per 10 la percentuale peso/volume in modo da ottenere una misura di congentrazione in g/l (o mg/l; se si ottiene questa unita' di misura la si deve dividere per 1000 per trasformarla in g/l)
2) si divide per il peso molecolare per ottenere la molarita'.
      Ad esempio la glicemia media dell'uomo sano e' di circa 90 mg% (o 90 mg/100 ml) ed il PM del glucosio e' 180 g/mole; pertanto la molarita' del glucosio nel sangue risulta:
90 mg% = 900 mg/l = 0,9 g/l
0,9 g/l /180 g/mole = 0,005 M = 5 mM
      Un esempio di conversione difficile e' da molalita' o da percentuale peso/peso a molarita' (o viceversa), perche' queste unita' non sono omogenee tra loro. Per queste conversioni e' necessario conoscere la densita' della soluzione (d=peso/V).
      Si consideri il seguente esempio: calcolare la molarita' della soluzione 3 m di ammoniaca (PM = 17 g/mole) che ha d= 0,95 g/ml.
      Poiche' la concentrazione e' una grandezza
intensiva
, il ragionamento puo' essere condotto su qualunque quantita' di soluzione; per semplicita' considereremo quella quantita' di soluzione che contiene 1 kg di solvente perche' corrisponde alla definizione di molalita'. Il peso totale della quantita' di soluzione che contiene un 1 kg di solvente e' dato dalla somma dei pesi del solvente e del soluto (che ammonta a 3 moli /kg di solvente):
Peso
soluzione
= 1000g
H2O
+ 3 x 17 g
NH3
= 1051 g
soluzione
      Il volume si calcola a partire dal peso e dalla densita' con la formula V = peso/d; una volta trovato il volume la molarita' e' n/V:
V = 1051 g / 0,95 g/ml = 1106 ml = 1,106 l
C = 3 moli / 1,106 l = 2,71 M
IL LIVELLO MICROSCOPICO
      Come e' costituita la soluzione al livello delle singole molecole del solvente e del soluto? Distinguiamo vari casi.
      SOLUZIONI DI IONI. Gli elettroliti si disciolgono in solventi polari (ad es. l'acqua) dissociandosi negli ioni costituenti, ciascuno dei quali forma poi interazioni dipolo-dipolo con le molecole del solvente.
Figura 2: Legami ione-dipolo tra il cloruro di potassio e l'acqua.
      Lo ione in soluzione e' circondato da una sfera di molecole di solvente (sfera di solvatazione; se il solvente e' l'acqua, sfera di idratazione) ordinate rispetto alla polarita'; queste ordinano a loro volta una seconda sefra di solvatazione piu' debolmente legata, ed eventualmente una terza.
Figura 3: Idratazione dello ione sodio.
      SOLUZIONI DI SOLUTI E SOLVENTI POLARI. Quando il soluto ed il solvente sono entrambi polari la sfera di solvatazione e' tenuta insieme da interazioni di tipo dipolo-dipolo. Un esempio di soluzione di questo tipo e' dato dalla coppia acqua-glucosio:
Figura 4: Idratazione del glucosio.
      SOLUZIONI DEI GAS NEI LIQUIDI. Questo tipo di soluzione e' molto importante in medicina (si pensi agli scambi respiratori tra l'aria contenuta negli alveoli polmonari ed il sangue).
      Se il gas non da reazioni chimiche con il liquido (ad es. ossigeno o azoto disciolti in acqua), la principale energia che governa la dissoluzione del gas e' l'entropia e non si formano affatto le sfere di idratazione. In questi casi il gas obbedisce alla
legge di Henry
, secondo la quale la concentrazione del gas e' direttamente proporzionale alla pressione parziale che esso esercita sulla superficie del liquido:
C = k P (15)
Il coefficiente di Henry (la k dell'eq. 15) e' diverso per ogni gas. Si definisce (un po' impropriamente)
solubilita'
del gas ad una certa pressione la concentrazione determinata secondo la legge di Henry quando il gas e' perfettamente in equilibrio con la soluzione.
      Se invece il gas reagisce con il solvente, esso si trova in soluzione in varie forme, e la legge di Henry si applica soltanto alla forma che e' uguale negli stati si soluto e gassoso; tutte le altre forme sono "in piu'". In genere un gas di questo tipo risulta alquanto solubile (e certamente piu' solubile di uno che obbedisce alla legge di Henry). Ad esempio l'anidride carbonica (un altro gas importante per la respirazione) si trova in soluzione come:
CO
2
+ H
2
O <==> H
2
CO
3
<==> HCO
3
-
+ H
+
CONSIDERAZIONI ENERGETICHE
      Quali forze guidano il dissolvimento del soluto nel solvente? Nel caso delle miscele dei gas ideali, le molecole semplicemente occupano lo stesso volume senza interagire le une con le altre, e sono soltanto mesoclate tra loro; l'energia che favorsice il mescolamento e' quindi di tipo
entropico
con nessun contributo entalpico (contributi entalpici diversi da zero, ma sempre modesti, possono aversi nel caso delle miscele di gas reali).
      Anche nel caso delle soluzioni di gas in liquidi, i contributi entalpici sono trascurabili e il dissolvimento e' causato dall'aumento dell'entropia del sistema. Una soluzione di questo tipo, nella quale sono trascurabili i contributi entalpici e sono rilevanti soltanto quelli entropici e' chiamata una soluzione ideale.
      Nel caso delle soluzioni di liquidi in liquidi o di solidi in liquidi si ha formazione delle sfere di solvatazione e si debbono considerare vari contributi rilevanti sia di tipo
entalpico
che di tipo
entropico
:
1) la formazione dei legami deboli tra soluto e solvente fornisce un contributo entalpico favorevole (Δ<0, come sempre quando i legami vengono formati). Pero' perche' questo sia possibile e' necessario separare le molecole del soluto tra loro e quelle del solvente tra loro, rompendo i legami solvente-solvente e soluto-soluto; questo comporta un contributo entalpico sfavorevole (Δ>0). Se l'energia rilasciata dai legami formati nella solvatazione supera quella assorbita dalla rottura dei legami tra le molecole del solvente e tra quelle del soluto, la dissoluzione del soluto e' esotermica (cioe' riscalda il sistema; un esempio e' dato dalla dissoluzione dell'idrossido di sodio in acqua). In caso contrario la dissoluzione del soluto nel solvente e' endotermica (e raffredda il sistema; un esempio e' dato dalla dissoluzione dell'urea in acqua). Si ricordi che l'entalpia di una reazione (in questo caso del dissolvimento) si manifesta sempre sotto forma di calore assorbito o ceduto (e quindi di variazione di temperatura del sistema).
2) La dispersione del soluto nel solvente comporta in genere un aumento di entropia del sistema (quindi e' favorita entropicamente, come accade nelle soluzioni ideali). Pero' la formazione delle sfere di idratazione ordina il solvente e quindi da un contributo entropico negativo (in genere inferiore al precedente).
PROPRIETA' COLLIGATIVE
      Vi sono quattro proprieta' delle soluzioni che non dipendono dalla natura chimica del soluto ma soltanto dalla sua concentrazione; sono chiamate
colligative
e sono: la
pressione osmotica
, la
variazione della pressione di vapore saturo
, la
variazione del punto di congelamento
e la
variazione del punto di ebollizione
. Se il soluto e' un elettrolita e dissocia in ioni (oppure se dissocia per ragioni non elettrolitiche in particelle non cariche, caso piuttosto raro), ogni particella o ione si comporta come una molecola intera e la concentrazione dal punto di vista delle proprieta' colligative e' riferita alle particelle o ioni e non alle molecole indissociate. Per tenere conto di questo occorre impiegare il
binomio di Van't Hoff
.
      CONCENTRAZIONE ANALITICA E CONCENTRAZIONE EFFETTIVA. e' una formula che consente di calcolare la concentrazione effettiva in particelle se sono note la concentrazione analitica molare del soluto e le caratteristiche della sua dissociazione. Definiamo:
Concentrazione molare analitica del soluto: C = n / V (con n = peso / P.M.)
Concentrazione molare effettiva del soluto: C
eff
= n
eff
/ V
in pratica la concentrazione analitica e' quella che possiamo calcolare sapendo quanto soluto e' stato pesato sulla bilancia, e trascurando qualunque riferimento alla dissociazione; la concentrazione effettiva e' la concentrazione in particelle o ioni o molecole effettivamente presenti in soluzione. E' ovvio che n
eff
> n e quindi C
eff
> C.
      CONCENTRAZIONE EFFETTIVA DEI SALI. I sali sono
elettroliti forti
, cioe' si disciolgono in acqua dissociandosi completamente negli ioni che li costituiscono (e non sono quindi presenti in soluzione nella forma delle molecole indissociate, ma soltanto degli ioni). Ad esempio: NaCl --> Na
+
+ Cl
-
. In soluzione non sono presenti molecole di NaCl (che del resto non sono presenti neppure nel cristallo di questo sale: infatti il reticolo alterna regolarmente ioni Na
+
e ioni Cl
-
, e non consente di individuare vere molecole) ma solo ioni sodio e ioni cloruro. Si definisce con la lettera greca ν il numero di ioni che si originano dalla dissociazione di ogni unita' formale (molecola) di sale e si ottiene:
n
eff
= n ν
C
eff
= C ν
      Ad esempio se noi disciogliamo una mole di cloruro di sodio in un litro d'acqua, noi otteniamo una mole di ione sodio e una mole di ione cloruro, e quindi: ν = 2; C
eff
= 1 M x ν = 2 OsM (come sara' spiegato meglio piu' avanti l'osmolarita', abbreviata OsM, e' l'unita' di misura della concentrazione effettiva misurata in moli di particelle per litro di soluzione). Se invece sciogliamo in un litro d'acqua una mole di cloruro di calcio, che ha formula CaCl
2
e dissocia interamente secondo la reazione CaCl
2
--> Ca
2+
+ 2 Cl
-
(da una molecola si ottengono tre ioni), noi otteniamo : ν = 3; C
eff
= 1 M x ν = 3 OsM.
      DISSOCIAZIONE DEGLI ELETTROLITI DEBOLI. Gli
elettroliti deboli
sono sostanze che disciolte in acqua dissociano reversibilmente negli ioni che li costituiscono e quindi si trovano in soluzione sia nella forma di molecole indissociate che di ioni. Ad es.:
HNO
2
<==> H
+
+ NO
2
-
Si definisce
grado di dissociazione
, indicato con la lettera greca α la frazione:
α = moli dissociate / moli totali
E' evidente che α puo' assumere soltanto valori compresi tra zero (nessuna dissociazione) e 1 (dissociazione completa: tutte le molecole sono dissociate). Le molecole indissociate e dissociate sono rispettivamente:
n
indiss.
= n - n α = n (1 - α)
n
diss.
= n α
Poiche' dalla dissociazione di ogni molecola che si dissocia originano ν particelle o ioni, le particelle originate dalle molecole dissociate risultano:
n
particelle diss.
= n ν α
Sommando le molecole indissociate alle particelle originate dalla dissociazione delle molecole dissociate si ottiene:
n
eff
= n
indiss.
+ n
particelle
= n [(1 - α) + ν α] = n [1 + α (ν -1)]
Quest'ultima espressione costituisce il prodotto del numero di moli analitiche per il binomio di Van't Hoff, [1 + α (ν -1)].
      FENOMENI OSMOTICI. Il fenomeno dell'
osmosi
si verifica quando due soluzioni dello stesso solvente a diversa concentrazione sono separate da una membrana semipermeabile (cioe' permeabile al solvente ma non al soluto; non importa che il soluto nelle due soluzioni sia uguale o diverso, purche' non possa attraversare la membrana). Questi fenomeni sono importanti per la fisiologia cellulare e vascolare perche' le membrane che delimitano le cellule e i vasi sono in genere semipermeabili o selettivamente permeabili (cioe' permeabili ad alcuni soluti ma non ad altri).
      Quando si ha osmosi tra due soluzioni, la soluzione a concentrazione maggiore estrae solvente da quella a concentrazione minore:
      Attraverso una membrana semipermeabile c'e' sempre flusso di solvente nei due sensi; l'osmosi e' propriamente il flusso netto dalla soluzione piu' diluita verso quella piu' concentrata (cioe' la differenza tra i flussi in questa direzione e nella direzione opposta, il primo essendo sempre maggiore del secondo). Se si compie un esperimento di osmometria tra una soluzione ed il solvente puro, si puo' determinare la
pressione osmotica
della soluzione, cioe' la forza che attrae il solvente verso la soluzione. Se invece l'esperimento e' effettuato utilizzando due soluzioni, la forza che si misura e' pari alla differenza tra la pressione osmotica della soluzione piu' concentrata e quella della soluzione piu' diluita. L'esperimento dimostra che la pressione osmotica (che si indica con la lettera greca π) corrisponde a:
π = C
eff
R T
      Questa equazione corrisponde esattamente all'equazione di stato dei gas perfetti ed R ha lo stesso valore. Per spiegare questo basta considerare che in un esperimento di osmometria condotto confrontando attraverso la membrana semipermeabile la soluzione ed il suo solvente puro, il soluto si espande come un gas perfetto, ma per aumentare il suo volume deve estrarre solvente attraverso la membrana.
      MISURA DELLA PRESSIONE OSMOTICA. Per misurare la pressione osmotica di una soluzione e' necessario preparare un tubo ad U i cui due bracci siano separati dalla membrana semipermeabile, e porre in uno di essi la soluzione, nell'altro il solvente puro. A questo punto e' necessario esercitare sopra la soluzione, mediante un pistone, una pressione idrostatica tale da impedire il flusso osmotico. La pressione osmotica e' uguale nel modulo ma opposta nella direzione alla pressione idrostatica necessaria per impedire il flusso osmotico. Se lo stesso esperimento viene condotto utilizzando due soluzioni anziche una soluzione ed il solvente puro, la pressione idrostatica che e' necessario esrecitare sopra la soluzione a maggior concentrazione per impedire il flusso osmotico misura la differenza di pressione osmotica tra due soluzioni:
      OSMOLARITA'. Quando e' stata definita la molarita' (M = n / V) si e' fatto riferimento al numero di moli analitico del soluto; per contro, nel caso delle proprieta' colligative, e segnatamente della pressione osmotica,si deve usare la molarita' in particelle, o molarita' effettiva. Si ricorre allora ad una unita' di misura omogenea con la molarita' definita
osmolarita'
(abbreviata OsM) e corrispondente al prodotto della molarita' per il binomio di Van't Hoff:
OsM = M [1 + α (ν -1)]
Si noti che nel caso dei sali e degli altri elettroliti forti si ha α = 1 e il binomio di Van't Hoff si riduce a ν.
      PRESSIONE OSMOTICA DEI LIQUIDI BIOLOGICI. I liquidi biologici contengono molti soluti diversi e non tutte le mebrane dell'organismo sono impermeabili a tutti i soluti. Si descrivono quindi due tipi di pressione osmotica:
- La pressione osmotica vera e propria, che risulta dalla somma delle concentrazioni di tutti i soluti (tenendo conto delle rispettive dissociazioni ove necessario), e corrisponde a circa 7,6 atm alla temperatura di 37 C. Questo valore corrisponde ad una concnetrazione complessiva pari a circa 0,3 OsM (in genere non si possono sommare le molarita'; ma l'osmolarita' puo' risultare da una somma perche' la pressione osmotica e' colligativa e non dipende dalla natura chimica del soluto).
- La pressione colloido-osmotica (o oncotica) dovuta soltanto ai soluti di grande massa molare (in genere si considerano tali quelli con PM > 30.000), che corrisponde a circa 26 mmHg (0,035 atm) a 37 C.
Questa distinzione e' importante perche' alcune membrane, quali ad es. la membrana cellulare, sono pressoche' impermeabili a tutti o quasi tutti i soluti, mentre altre, quali quelle dei capillari sono impermeabili soltanto ai soluti a grande massa molecolare (e quindi non risentono della pressione osmotica dovuta ai soluti a basso peso molecolare).
      FENOMENI OSMOTICI NEI VASI CAPILLARI. Il vaso capillare ha dei pori che lasciano passare l'acqua e i soluti a basso peso molecolare; la differenza di pressione osmotica tra il sangue all'interno del capillare e il liquido tissutale all'esterno dipende soltanto dalla diversa concentrazione dei soluti ad alto peso molecolare (ad es. le proteine del plasma).
      All'estremita' arteriosa del capillare la pressione idrostatica (dovuta alla forza contrattile del cuore e alla dilatazione elastica delle grandi arterie) supera la perssione colloido-osmotica del sangue e forza il liquido ad uscire dal capillare per bagnare i tessuti; all'estremita' venosa avviene il contrario. Questo realizza un flusso di acqua e soluti a basso peso molecolare all'esterno del capillare, concentrico e parallelo al flusso ematico interno al capillare, il cui risultato e' quello di rimescolare il liquido tissutale:
      PRESSIONE OSMOTICA DEI LIQUIDI BIOLOGICI: SOLUZIONI ISOTONICHE. Una soluzione che ha la stessa pressione osmotica totale del sangue si definisce isotonica. Sono esempi di soluzioni isotoniche la soluzione di NaCl allo 0,9% peso/volume (soluzione fisiologica) o quella di glucosio al 5% peso/volume (soluzione glucosata); entrambe hanno concentrazione pari a 0,28 - 0,30 OsM e π = 7,6 atm a 37 C. Soluzioni a concentrazione maggiore sono definite ipertoniche, a concentrazione minore ipotoniche. Soltanto soluzioni isotoniche o molto prossime all'isotonicita' possono essere impiegate per l'infusione endovenosa: infatti le cellule ematiche confrontate con soluzioni ipotoniche si rigonfiano d'acqua fino a scoppiare (flusso osmotico dall'esterno verso l'interno della cellula); confrontate con soluzioni ipertoniche perdono acqua, si raggrinziscono e diventano non funzionali (questo danno e' in genere reversibile).
      VARIAZIONE DELLA PRESSIONE DI VAPORE SATURO (LEGGE DI RAOULT). Ogni liquido e' in equilibrio con il suo vapore (o gas reale) che si produce costantemente alla superficie del liquido per evaporazione e che costantemente ricondensa sul liquido stesso. Si definisce
pressione di vapore saturo
la pressione del vapore in equilibrio con il liquido ad ogni determinata temperatura (infatti la pressione di vapore saturo aumenta con l'aumentare della temperatura). Ad esempio la pressione di vapore saturo dell'acqua e' 18 mmHg a 25 C e 760 mmHg a 100 C (temperatura di ebollizione).
      Quando si discioglie un soluto in un solvente la pressione di vapore saturo della soluzione risulta intermedia tra quella del solvente e quella del soluto. La pressione di vapore saturo della soluzione puo' essere calcolata con una equazione dovuta a F.M. Raoult, purche' siano note le frazioni molari di ogni componente della soluzione e le corrispondenti pressioni di vapore saturo:
P
soluz
= P
1
X
1
+ P
2
X
2
+ P
3
X
3
+ ... P
n
X
n
In questa equazione il componente 1 e' il solvente e i successivi i diversi soluti presenti (che possono essere uno o piu'; per gli elettroliti si deve contare separatamente ogni specie ionica). Se il soluto e' solido (ad es. NaCl o glucosio), la sua pressione di vapor saturo e' molto piccola e puo' essere trascurata; la legge di Raoult si semplifica in:
P
soluz
= P
solvente
X
solvente
Poiche' la frazione molare (X) di qualunque componente di una miscela e' inferiore all'unita', la pressione di vapore saturo della soluzione in questo caso risulta inferiore a quella del solvente puro (cioe' intermedia tra quella del solvente e quella del soluto che in questa approssimazione e' stata assunta uguale a zero). Un'altra forma della legge di Raoult per il soluto non volatile, analoga alla precedente e':
P
solvente
- P
soluz
= P
solvente
X
soluto
La
distillazione
e' una procedura finalizzata a separare il soluto dal solvente, o quanto meno ad arricchire il soluto rispetto al solvente (aumentare la concentrazione) e costituisce una applicazione fondamentale della legge di Raoult. Quando il soluto ed il solvente hanno differenti pressioni di vapore saturo, la soluzione bolle alla temperatura alla quale la somma delle pressioni di vapore saturo dei due componenti eguaglia la pressione atmosferica, e la fase di vapore risulta arricchita del componente piu' volatile. facendo raffreddare e liquefare il vapore si ottiene una nuova soluzione nella quale risulta aumentata la concentrazione del componente più volatile e diminuita quella del componente meno volatile, come dallo schema seguente.
Siano X
1
e X
2
le frazioni molari dei due componenti di una soluzione e P
1
e P
2
le rispettive pressioni di vapor saturo alla temperatura di ebollizione della soluzione. La frazione molare dei due componenti in fase di vapore risultera':
      X'
1
= P
1
X
1
/ (P
1
X
1
+ P
2
X
2
)
      X'
2
= P
2
X
2
/ (P
1
X
1
+ P
2
X
2
)
Queste equazioni non si prestano ad ovvie semplificazioni e non sono facili da visualizzare; ciononostante e' possibile considerare un esempi per illustrare il funzionamento del sistema di distillazione. Se P
2
= 5 P
1
e X
2
= 0.1 (con X
1
= 0.9) nella fase gassosa si avra' X'
2
= 0.357 (con X'
1
= 0.643). Se il liquido ottenuto dalla condensazione del vapore viene ridistillato si ottiene X"
2
= 0.735 (con X"
1
= 0.265). Si noti che questo calcolo semplificato applica alla distillazione di una piccola parte della soluzione iniziale, tale che le frazioni molari della soluzione si possano considerare invariate. L'arricchimento di X
2
e' pari a 3,57 volte nella prima distillazione e di ulteriori 2,06 volte nella seconda distillazione (al termine della seconda distillazione l'arricchimento complessivo di X
2
risulta pari a 3,57x2,06 = 7,35 volte).
      VARIAZIONE DEL PUNTO DI GELO E DEL PUNTO DI EBOLLIZIONE. Sono entrambe conseguenze della variazione della pressione del vapore saturo, ma si calcolano con riferimento alla molalita' effettiva (uguale alla molalita' analitica moltiplicata per il binomio di Van't Hoff) perche' richiedono temperature molto diverse e la molalita' ha il vantaggio di essere indipendente dalla temperatura. Le leggi (per il caso del soluto non volatile) sono:
Δ t
cr
= K
cr
m
eff
Δ t
eb
= K
eb
m
eff
Dove K
cr
rappresenta la costante crioscopica (di congelamento; -1,86 gradi/m per l'acqua) e K
eb
la costante ebullioscopica (di ebollizione; +0,52 gradi/m per l'acqua) caratteristiche entrambe del solvente e non del soluto.
Domande (la risposta e' obbligatoria se e' stata attivata la registrazione elettronica della presenza)
1) Qual e' la frazione molare del saccarosio (PM=342) in una soluzione acquosa 1 M (densita' = 1,12 g/mL)?
X = 0,011
X = 0,023
X = 0,035
2) La legge di Henry dice che un gas si discioglie in un liquido e raggiunge la concentrazione:
C = kP
C = k/P
C = k
P
3) La legge di Raoult dice che
P = P
1
X
1
+ P
2
X
2
+ ...
π = CRT
C
eff
= C [1 + α (ν - 1)]
4) I fenomeni osmotici sono molto importanti nella fisiologia perche':
le cellule contengono soluzioni acquose
le membrane biologiche sono in genere semipermeabili
la pressione idrostatica dei vasi e' bassa
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Buonasera Professore ho 2 domande:
1 Nel funzionamento della PET lei ci ha detto che il radiofarmaco utilizzato il glucosio marcato
con l'isotopo 19 del Fluoro mentre su questo sito c'e' scritto che l'isotopo utilizzato il Fluoro 18.
2 Come mai la cinetica radioattiva ha andamento discontinuo??
1 Ha ragione il sito, mi devo essere sbagliato, l'emettitore beta meno e'
18
F.
2 La cinetica radioattiva e' una funzione probabilistica: ogni atomo ha una certa probabilita' di
trasformarsi nell'unita' di tempo. Se la quantita' degli atomi e' sufficientemente piccola e'
possibile seguire i singoli eventi di decadimento. Tra un evento e l'altro non accade nulla.
L'esponenziale e' l'integrale di questa funzione probabilistica.
Non ho capito bene l'ibridazione
L'ibridazione e' il fenomeno per cui due orbitali atomici che hanno una
parziale sovrapposizione possono cambiare forma e produrre due orbitali ibridi con minore
sovrapposizione. Consegue all'interazione tra le funzioni d'onda degli elettroni, e al fatto che
gli elettroni essendo carichi negativamente tendono a respingersi tra loro: gli orbitali ibridi
minimizzano le aree di sovrapposizione reciproca, allontanando tra loro gli elettroni di
orbitali diversi.
Scusi professore la differenza di intensita' del campo elettromagnetico per
ogni nucleo e' dovuta al diverso numero di particelle oppure ad altro?
Ogni nucleo genera attorno a se un campo elettrostatico la cui intensita'
dipende dalla sua carica, cioe' dal numero di protoni.
Ho una domanda non ho capito esattamente qual e' la differenza tra nuclear spin
e nuclear momento? E' diverso da zero solo quando il numero di protoni e neutroni e' ...?
C'e' una buona spiegazione della risonanza magnetica nucleare su
questo sito
.
In pratica ogni particella nucleare ha il suo spin (rotazione sul suo asse) e lo spin vale
+1/2 o -1/2
1) Se i protoni e i neutroni sono entrambi pari, allora il nucleo ha spin zero.
2) Se i protoni e i neutroni sono gli uni pari e gli altri dispari, allora il nucleo ha spin
semi-intero (1/2, 3/2, 5/2, ...).
3) Se i protoni e i neutroni sono entrambi dispari, allora il nucleo ha spin intero (1, 2, 3, ...)
Tutti i nuclei con spin diverso da zero sono osservabili all'NMR, ciascuno e' eccitabile con
la sua frequenza caratteristica.
Il momento magnetico e' il vettore campo magnetico generato dallo spin.
Non ho capito bene l'orbitale anti-sigma
La sovrapposizione di due orbitali atomici forma due orbitali di legame:
uno con la massima densita' elettronica nella zona di massima sovrapposizione tra i due
orbitali atomici (orbitale di legame sigma) e uno con la massima densita' elettronica nelle
regioni nelle quali non vi e' sovrapposizione (orbitale anti-sigma). Perche' il legame sia stabile
e' necessario che l'orbitale sigma, a minima energia, sia popolato da due elettroni e l'orbitale
anti-sigma non sia popolato da elettroni. Aggiungero' una figura per illustrare questo
concetto nel testo della lezione sul sito.
Non ho capito la differenza tra uno ione e un (atomo) radicale
Uno ione e' un atomo (o una molecola nel caso degli ioni poliatomici) che
ha perduto o acquistato uno o piu' elettroni. Uno ione monoatomico e' stabile se acquisisce
la configurazione elettronica del gas nobile piu' vicino nella tavola periodica. Ad esempio lo
ione sodio ha la configurazione elettronica perde un elettrone per raggiungere la stessa
configurazione elettronica del gas nobile che precede il sodio (il neon), mentre il fluoro
ottiene lo stesso risultato acquistando un elettrone e trasformandosi nello ione fluoruro.
Na
+
, Ne e F
-
hanno la stessa configurazione elettronica:
1s
2
2s
2
2p
6
.
Un radicale e' un atomo o una molecola che possiede uno o piu' elettroni spaiati. Ad esempio
l'atomo di sodio ha la configurazione elettronica 1s
2
2s
2
2p
6
3s
1
ed e' quindi un radicale se considerato in forma isolata; quando perde un elettrone e si
trasforma nello ione sodio, ha tutti elettroni appaiati e non e' quindi piu' un radicale.
Poiche' le specie chimniche con elettroni spaiati sono instabili i radicali stabili sono pochi.
Un radicale stabile interessante e' l'ossido nitrico, NO che possiede in tutto 15 elettroni ed
ha quindi un elettrone spaiato.
Buonasera professore ho qualche dubbio sulle considerazioni energetiche:
Se non ho capito male l'entalpia e' la misura dell'energia potenziale di interazione tra le
molecole; quando e' che questa risulta minima?
Inoltre non ho capito se l'una puo' prevalere sull'altra per quanto riguarda la stabilita' del
sistema o se trattandosi di due contributi diversi non sia possibile confrontarle grazie mille.
Non sono sicuro di aver capito bene le domande. L'entalpia e' l'energia
intesa nel senso comune del termine; ad esempio l'energia di legame. Quando due atomi si
legano tra loro e si forma il legame, l'energia di legame e' energia emessa dalla molecola
sotto forma di calore (cioe' la molecola ha minore energia degli atomi isolati). Entalpia e' per
questo motivo e in questo contesto chiamata anche il calore di reazione e si misura in cal/mole.
L'entropia e' invece la probabilita' di un certo stato del sistema e puo' essere misurata in
cal/grado.mole grazie alla legge di Boltzmann. Se nella sua domanda l'una e' l'entalpia e
l'altra e' l'entropia, la risposta e' si, si possono sommare algebricamente e la loro differenza
da l'energia libera del sistema. Di norma noi parliamo in questo contesto di trasformazioni
(ad esempio di reazioni chimiche) e abbiamo: ΔG = ΔH - TΔS, dove ΔG: variazione di
energia libera tra gli stati finale e iniziale del sistema, ΔH: variazione di entalpia,
ΔS: variazione di entropia, T: temperatura assoluta in gradi Kelvin.
Buongiorno Professore non ho capito bene la frazione molare
La frazione molare del componente i-esimo della miscela (che si indica
con Xi) e' data dal rapporto tra il numero di moli del componente i-esimo e la somma delle
moli di ciascun componente: Xi = ni / (ni + nj + ... + nz).
Non ho capito quali sono i microstati.
Un sistema termodinamico presenta un macrostato, che e', ad esempio, il suo stato di
aggregazione. Supponiamo che il macrostato del sistema sia gassoso o liquido. Lo stesso stato puo'
corrispondere a molte disposizioni diverse delle stesse molecole: le molecole di un liquido o di un gas
si muovono le une rispetto alle altre. Ogni possibile disposizione delle molecole nello spazio corrisponde
a un microstato del sistema. Ovviamente i microstati di un sistema anche piccolo sono estremamente
numerosi.
Buonasera professore non sono riuscito a risolvere il primo quesito delle soluzioni.
E' la conversione tra due unita' di misura della concentrazione. Prova a
calcolare come prima cosa quanti grammi di saccarosio e quanti grammi di acqua sono
presenti in una certa quantita' di soluzione. La quantita' su cui ragionare puoi sceglierla tu
perche' il risultato finale sara' lo stesso qualunque sia la quantita' scelta (ad es. 1 L).
Buonasera professore potrebbe definire il pH degli acidi deboli e cosa intendiamo con A
-
e_HA
Non e' possibile rispondere a una domanda come questa in questo
spazio: la spiegazione del pH e di cosa sono gli acidi e le basi deboli e' data nelle dispense
e occupa un certo spazio e varie figure, non puo' essere riscritta qui. Studi bene il materiale
presentato al link
https://www.andreabellelli.it/html/didattica/generale/pH.php
.
Con A
-
e HA intendiamo rispettivamente lo ione derivante dalla dissociazione
dell'acido debole e l'acido debole indissociato; ad esempio CH
3
-COO
-
e CH
3
-COOH.
Perche' le concentrazioni utilizzate sono 045 NaCl accompagnata da 5
glucosio o 0,22 NaCl e 5 glucosio e mai 0,9 %NaCl se proprio questa ha uguale p osm del sangue?
Dove ha trovato i dati citati? Le soluzioni 0,9% (peso/volume) di NaCl e
5% (peso/volume) di glucosio sono soluzioni isotoniche col sangue e sono usate entrambe
per le infusioni endovenose. Qualunque miscela di queste e' isotonica e puo' essere usata allo
stesso scopo. Esistono molte decine di soluzioni isotoniche con composizioni diverse, che
possono essere usate.
Non ho capito qual è la differenza tra una reazione endoergonica e una endotermica
Endotermica o esotermica si riferisce al calore di reazione (il delta H) e,
eventualmente al lavoro meccanico compiuto o subito dal sistema. Endoergonica o
esoergonica si riferisce alla somma di tutti i contributi energetici, entalpici ed entropici, della
reazione (il delta G).
Buonasera Professore non ho capito l'uso delle entalpie molari standard.
Nell'esempio il deltaH della reazione intermedia è 301 kcal/mole.
Il valore di -301 kcal/mole per l'H
0
molare standard del glucosio è preso dalle tavole.
E' stato misurato, ovviamente, ma l'esempio presentato a lezione non indicava come viene
misurato l'H
0
, ma come lo si può usare. La domanda che l'esempio si poneva
era: noti i valori di l'H
0
del glucosio, dell'acqua e della CO
2
, come è possibile
usarli per determinare il delta H della reazione di combustione del glucosio?
Se il butano ha 2 isomeri e il pentano ha 3 isomeri. Cioè il esano (?) avra 4 isomeri etc.
Quindi c'e' una regolarita' ?
Gli isomeri aumentano molto rapidamente con il numero di atomi di carbonio e la
sequenza dell'aumento non è semplice.
Qual e' la differenza tra composti polieni e composti aromatici?
Gli aromatici sono dei tipi molto particolari di polieni ciclici e devono avere anelli a 6
atomi e una alternanza di legami doppi e semplici. Queste caratteristiche consentono la delocalizzazione
degli orbitali pi greco. Il ciclobutadiene ad esempio non e' un aromatico perche' l'anello ha solo 4 atomi.
Buongiorno professore avrei una domanda: qual è la differenza tra reazione di alogenazione e
di sostituzione nucleofila?
Sta mescolando tra loro concetti diversi. L'alogenazione e' un tipo di
modificazione chimica dell'idrocarburo, nella cui molecola viene introdotto un atomo di un
alogeno (ad es. cloro o bromo). Un esempio di idrocarburo alogenato e' il cloroetano.
Sostituzione e addizione sono meccanismi di reazione (l'addizione e' nucleofila, la
sostituzione e' invece avviene con formazione di radicali), L'alogenazione puo' essere
ottenuta per sostituzione (negli alcani) o per addizione (negli alcheni).
Salve professore Nella forma 2D3D e 2L3L D e L indicano la configurazione della molecola o il potere rotatorio?
L e D indicano la configurazione stereochimica secondo la convenzione di
Fisher. Invece l e d (o - e +) indicano il potere rotatorio, rispettivamente levogiro o
destrogiro.
Perché possiamo calcolare solamente la variazione di energia interna e mai l'energia interna assoluta di un sistema?
L'energia interna di un sistema termodinamico nel quale non avvengono trasformazioni chimiche potrebbe essere misurata su una scala assoluta.
In un sistema nel quale avvengono trasformazioni chimiche viene incluso un contributo all'energia totale dovuto all'energia dei legami chimici. Questa deve es
sere misurata rispetto ad un livello di riferimento: potrebbero essere gli atomi isolati, oppure come si fa convenzionalmente gli elementi nel loro stato eleme
ntare. In ogni caso l'energia interna totale del sistema non sarebbe assoluta ma relativa al livello di riferimento, rispetto al quale costituisce una variazio
ne.
Perché il metanolo è più solubile in acqua del butanolo?
Nel metanolo la parte apolare della molecola è piccola rispetto alla parte non polare; nel butanolo avviene l'inverso.
In una reazione reversibile all'equilibrio le costanti cinetiche della reazione diretta e della reazione inversa devono essere sempre uguali?
No, le costanti essendo costanti non possono diventare uguali nella condizione di equilibrio e diverse fuori di essa. In una reazione reversi
bile ad equilibrio sono uguali le velocità delle reazioni diretta ed inversa, che sono date dal prodotto tra le costanti cinetiche e le concentrazioni dei rea
genti. Ad esempio nella reazione di isomerizzazione A<=>B con le costanti cinetiche k1 per la trasformazione A->B e k2 per B->A, la condizione di equilibrio è
raggiunta quando k1 [A] = k2 [B] ma k1 e k2 possono benissimo essere diverse (e di solito lo sono).
Professore mi scusi non ho capito perchè applicare la convenzione di Fischer agli zuccheri con più di tre atomi di carbonio non va bene
In effetti ha capito male. La convenzione di Fisher può essere applicata ai monosaccaridi
con qualunque numero di atomi di carbonio. Il problema è che negli aldosi con più di 3 atomi
di carbonio e nei chetosi con più di 4 atomi di carbonio c'è più di un solo carbonio
asimmetrico. In questi casi si scrive l'ultimo carbonio asimmetrico secondo la convenzione di
Fisher e il carbonio precedente risulta necessariamente in una configurazione che è l'inverso
della convenzione di Fisher (anti-Fisher): cioè come spiegato negli appunti sul sito, non è
possibile scrivere due centri chirali consecutivi entrambi secondo la convenzione di Fisher.
Questo perché la convenzione di Fisher dice che i C sopra e sotto quello chirale devono
essere immaginati come se si allontanassero dall'osservatore e questo è possibile per un C
asimmetrico ma non per quello immediatamente adiacente (faccia riferimento alla figura
presentata negli appunti sugli zuccheri).
Scusi professore non ho capito questa cosa: per scindere i legami richiesta energia dunque il processo puo'
essere associato ad un processo endotermico con ΔH maggiore di zero Non capisco perche' la scissione dei legami del solvente
allora debba essere considerata con un valore entalpicamente negativo
La scissione dei legami delle molecole del solvente tra loro ha un Δ H positivo, cioe' richiede energia.
Il testo della dispensa era scritto in un modo non chiaro, ora l'ho migliorato.
Salve Professore non capisco come la minore energia dell'orbitale sigma sia
correlata all'alta intensità del campo nelle aree di sovrapposizione degli orbitali atomici
L'energia con la quale il nucleo attrae l'elettrone e' misurata prendendo
come riferimento la coppia a distanza infinita (vettore campo uguale a zero). Pertanto piu'
l'elettrone si avvicina al nucleo, piu' forte l'attrazione, minore (cioe' negativa) l'energia.
Energie negative non esistono: l'energia del campo e' negativa non in assoluto ma rispetto al
valore zero di riferimento, a distanza infinita. Nel caso degli orbitali di legame, il discorso e' lo
stesso: quanto piu' gli orbitali atomici usati per formare l'orbitale di legame sono interni e vicini
al nucleo, tanto maggiore il valore del vettore campo e tanto piu' negativa l'energia l'energia di
legame: ovvero tanto maggiore la quantità di energia che deve essere fornita dall'esterno per
rompere il legame.
Buonasera. Potrebbe illustrare come procedere per risolvere il quarto quesito? La ringrazio
No, non posso rispondere a questa domanda, per due ragioni. In primo
luogo perche' lo scopo dei quesiti e' testare la comprensione del testo che li precede;
quindi se non ha la risposta ad un quesito deve trovarla nel testo; se io la dessi in questa
sede lo scopo stesso di mettere i quesiti sarebbe vanificato; basterebbe leggere le mie
risposte anziche' il testo fornito. In secondo luogo le domande che voi mettete sul sito finiscono
tutte insieme, quindi non e' possibile sapere di quale lezione e argomento lei sta parlando.
Buonasera professore non ho capito bene la buca di potenziale
Abbiamo chiamato "buca di potenziale" il minimo locale dell'energia di
legame che si realizza quando due nuclei si trovano a distanza di legame. In questa condizione
si forma un orbitale di legame la cui energia potenziale e' inferiore (piu' stabile) rispetto a
quella degli orbitali atomici di partenza. Per una rappresentazione grafica puo' fare riferimento
alla figura 3 della lezione sul legame chimico.
Buonasera Professore riguardo la dissociazione di un acido debole mi chiedevo
da dove derivasse [OH
-
] quando eguagliamo le concentrazioni delle cariche. Grazie
Bellelli: come spiegato nel testo, una soluzione di qualunque soluto (quindi
anche di un acido debole) deve obbedire al requisito dell'elettroneutralità: cioè la somma delle
cariche negative deve uguagliare la somma delle cariche positive e la carica netta totale del
sistema deve essere zero. Le specie cariche negativamente sono due: A
-
e
OH
-
; la specie carica positivamente è una sola, H
3
O
+
;
pertanto: [A
-
] + [OH
-
] = [H
3
O
+
].
In questa frase presa dalla spiegazione dell'idrolisi acida intendeva dire esclude o include
Ki e come al solito include la concentrazione dell'acqua
Bellelli: La Ki include in sé la concentrazione dell'acqua, come si può facilmente vedere
se si scrive la legge di azione delle masse per la reazione di idrolisi. E' lo stesso che per la Ka o la Kb.
Buonasera prof non ho capito come si calcola in NO dei singoli atomi di carbonio in una molecola
Bellelli: devi scrivere la formula di struttura e considerare separatamente ciascun atomo
di carbonio; per ogni legame chimico devi assegnare gli elettroni di legamiall'atomo più elettronegativo e
calcolare la carica finale dell'atomo di carbonio. Ad esempio nel metano CH4, ci sono 4 legami C-H. Le
elettronegatività sono 2,5 per C e 2,1. Quindi gli elettroni di ciascun legame sono attribuiti tutti al C (più
eletronegativo). Ogni legame contiene 2 elettroni, uno del C e uno di H: quindi il C riceve i suoi 4 elettroni
(che non contano e i 4 dei 4 idrogeni: NO= -4. Ciascun idrogeno cede il suo elettrone e la sua carica risulta
NO=+1.
Prof. ma per i gruppi funzionali come calcoliamo l'elettronegatività?
Bellelli: l'elettronegatività è definita per i singoli atomi, non per i gruppi. E' possibile
misurare l'elettronegatività di un gruppo (ad es. -CCl
3
) ma non c'è un metodo di
"calcolo"; tut'al piu' ci sono tabelle un po' specialistiche per i gruppi piu' comuni.
Buonasera Professore avrei una domanda: esiste un metodo per capire se un acido o una base
sono forti o deboli direttamente dalla formula bruta?
Bellelli: dalla formula bruta no. Dalla formula di struttura, e conoscendo alcuni composti
simili si possono fare ragionevoli previsioni. In linea di massima un acido è tanto più forte
quanto più elettronegativo è l'atomo o il gruppo legato all'idrogeno che dissocia.
Ad esempio HCl è forte; HNO
2
è debole ma se noi aggiungiamo un ossigeno
per fare HNO
3
questo rende piu' elettronegativo il gruppo e HNO
3
diventa forte; etc. Negli ossiacidi quanto più ossigeno è presente nel gruppo legato all'idrogeno
tanto più l'acido è forte (ad es. H
2
SO
4
è più forte di H
2
SO
3
).
Buonasera lei dice sia in classe che sul sito che l'ossigeno non formi composti
con il fluoro. OF2 Fluoruro di ossigeno esiste solo in certo ambiente. Grazie
Bellelli: ha ragione. Sarebbe piu' corretto dire che non ci sono composti
naturali nei quali l'ossigeno e' legato col fluoro. In laboratorio noi abbiamo a disposizione
energie e condizioni sperimentali che ci consentono di sintetizzare composti non presenti in
natura, come OF2. OF2 e' un ossidante estremamente energico nel quale l'ossigeno ha numero
di ossidazione +2 e se fosse presente nell'ambiente reagirebbe immediatamente con
praticamente qualunque cosa per produrre composti nei quali l'ossigeno avrebbe n.o. -2.
Non ho capito perchè se l'elettrone genera un campo elettromagnetico per lo
spin dopo c'è scritto che il campo magnetico è nullo
Bellelli: dove ha trovato questa affermazione? Ad ogni modo presumo che
la frase dica che se in un atomo o molecola ci sono elettroni in coppie negli orbitali, essi hanno
spin opposto per il principio di Pauli e il campo magnetico risultante è nullo (+1/2 -1/2 = 0).
Se gli elettroni non sono in coppie con spin opposto il campo magnetico non e' nullo. In pratica:
bisogna sommare i numeri di spin di tutti gli elettroni dell'atomo o della molecola. Se il risultato
è zero il campo magnetico elettronico è nullo e l'atomo o la molecola è diamagnetico; se invece
il risultato è diverso da zero l'atomo o la molecola possiede suscettibilità paramagnetica.
Gentile professore non ho compreso la relazione tra l’aumentata intensità del
campo elettrostatico e la diminuita energia dell’orbitale di legame. la ringrazio.
Bellelli: l'energia in questo contesto è definita rispetto a quella di un nucleo
e un elettrone non interagenti, posti a distanza infinita. Se l'elettrone si avvicina al nucleo ed
entra in un orbitale, emette energia e scende ad un livello di energia più basso di quello di
riferimento, come una persona che scende lo scalino di una scala. L'energia dell'elettrone in un
orbitale (atommico o di legame) è quindi negativa rispetto al livello di riferimento, esattamente
come l'energia di una palla da golf caduta in una buca è negativa rispetto a quella della stessa
palla appoggiata sul suolo. E infatti per estrarre la palla dalla buca, o l'elettrone dall'orbitale
è necessario fornire energia.
Buongiorno professore volevo chiederle se poteva chiarirmi la differenza tra
carica e polarità… grazie mille
Bellelli: la carica elettrica è una grandezza fisica fondamentale come la
massa o l'energia. la polarità è una proprietà delle molecole che dipende da come sono
distribuite le cariche al loro interno. Se il centro delle cariche positive coincide col centro delle
cariche negative la molecola è non polare; se invece i due centri non coincidono la molecola è
polare e presenta una maggiore localizzazione di carica positiva ad una estremità ed una di
carica negativa all'estremità opposta.
Buongiorno professore. Come mai nell acido fosforico il fosforo riceve degli
elettroni dal quarto atomo di ossigeno nell'orbitale 3d e non 4s?
Bellelli: l'orbitale 4s ha una forma che non gli consente di formare un
orbitale di legame pi greco.
Salve professore, perché la risposta all’esercizio 1 è 24,4 e non 22,4?
Bellelli: controllerò l'esercizio. Il volume molare del gas perfetto si calcola
con la formula V = RT / P (e n=1 per definizione di volume molare). Alla pressione di 1 atm il
volume molare del gas perfetto (calcolato con la formula data prima, provare per credere)
risulta 22,4 L se T=273 K (0 C), e 24,4 L se T=298 K (25 C).
Buonasera professore parlando del composto B(OH)3 che significa che il legame O-H è
più polarizzato del legame B-O e in che modo questo influenza la dissociazione del composto?
Bellelli: i valori di elettronegatività dalla tavola periodica sono: H=2,1; B=2,04; O=3,5.
Nel tri-idrossido di boro, comunemente chiamato acido borico, il legame B-O e il legame O-H hanno
praticamente la stessa polarizzazione; però il boro è legato a tre ossigeni, ogni idrogeno ad un solo
ossigeno. Questo rende il boro più elettronegativo. Il risultato è che il composto in acqua dissocia uno ione
idrogeno anziché tre ioni idrossido.
Salve professore perché la risposta all’esercizio 1 è 24,4 e non 22,4?
Bellelli: ho già risposto sopra a questa domanda. Ma lei ha provato a fare il
calcolo? La formula è V = nRT / P. Prenda n=1, R=0,0821, T=273+25=298 K e P=1 atm e veda
quanto viene.
Buonasera professore Non ho ben capito come si calcola in maniera indiretta la volemia del sangue.
A cosa serve iniettare l'albumina?
Bellelli: per misurare la volemia si applica la formula V= n/C. Serve n, il
numero di molti di un tracciante, la sostanza iniettata dal medico che si distribuisca nel volume
del liquido da misurare. Può usare albumina marcato col cromo radioattivo (che nel nostro
sangue non c'è: c'è l'albumina non marcata) o un altro tracciante, ma qualcosa deve iniettare
nel sangue, che sia estranea ad esso e facilmente misurabile, in modo che n e C siano determinabili.
Buonasera professore non ho molto chiare le applicazioni della legge di Henry quando il gas reagisce con il liquido
Bellelli: se un gas reagisce col solvente si trova in soluzione in varie forme
e tra queste soltanto quella che ha la stessa formula della fase gassosa segue la legge di Henry.
Ad esempio la CO2 si scioglie in acqua e reagisce con l'acqua per formare acido carbonico e
bicarbonato; soltanto la CO2 disciolta è in equilibrio col gas secondo la legge di Henry, acido
carbonico e bicarbonato non seguono la legge di Henry.
Buonasera professore Non ho capito come mai se H reagenti < H prodotti i
legami presenti nelle molecole dei reagenti siano meno stabili (forti)
Bellelli: questa è una difficoltà comune quando si inizia lo studio della
termodinamica chimica. Lo stato più stabile di un sistema è quello che ha convertito la sua
energia potenziale in energia di legame. Ad esempio un sasso sospeso in aria ha energia
potenziale di tipo gravitazionale ed è in una condizione instabile. Quando cade converte la sua
energia potenziale prima in energia cinetica e poi al momento dell'urto con il suolo in calore,
e acquista una condizione stabile. Due atomi isolati e inizialmente tanto distanti che le forze
attrattive tra loro siano nulle possono avvicinarsi e formare un legame liberando energia sotto
forma di calore (cioè entalpia): questo significa che hanno raggiunto una condizione più
stabile (quella di molecola anziché di atomi isolati), perdendo una energia potenziale. Quindi
lo stato di molecola è più stabile di quello di atomi isolati perché la reazione di formazione del
legame è: 2 atomi --> molecola + calore (H). Per la legge di conservazione dell'energia
abbiamo: H molecola + calore di reazione = H atomi e la molecola è stabile perché
H molecola < H atomi. Generalizzando, se H prodotti < H reagenti la reazione sarà esotermica
e i prodotti saranno più stabili dei reagenti (a meno dei contributi entropici dei quali avremmo
dovuto tenere conto fin dall'inizio, utilizzando la funzione G anziché la H, con
Δ G = Δ H - T Δ S)
Mi scusi professore ma perché nel calcolo dell'entalpia nella reazione di formazione di H2O l'entalpia
è espressa su moli di O2?
Bellelli: l'entalpia deve sempre essere espressa in kcal/mole ed è quindi riferita alla
quantità di sostanza considerata; nella reazione di formazione dell'acqua la abbiamo espressa in
due modi: per mole di O2 consumato oppure per mole di acqua formata, e naturalmente il
primo valore è pari al doppio del secondo, perché il consumo di una mole di O2 porta alla
formazione di due moli di H2O
Buonasera professore vorrei chiedere perchè in riferimento alla costante di
equilibrio nel calcolo delle grammomoli non consideriamo i coefficienti stechiometrici?
Bellelli: non capisco questa domanda. Negli esercizi sul calcolo della
costante di equilibrio noi consideriamo i coefficienti stechiometrici quando calcoliamo le moli
di reagente consumate e le moli di prodotto formate. Provi a rifare questa domanda a lezione in
occasione di una delle nostre esercitazioni di stechiometria, così lo vediamo direttamente nel
calcolo.
Buonasera professore. Come si fanno a vedere le correzioni delle domande
alla fine di ogni "capitolo"? Riesco a vedere solo il punteggio. Grazie mille.
Bellelli: il programma non prevede di mostrare le risposte esatte alle 4
domande alla fine di ogni capitolo, perche' altrimenti lo scopo della verifica sarebbe vanificato:
anziché studiare il materiale fornito basterebbe premere invio, prendere nota delle risposte
esatte e ripetere la procedura, sempre senza leggere il materiale fornito.
A scopo di esercizi, vengono forniti per ogni capitolo degli "esercizi e quesiti" per i quali il
programma fornisce le risposte esatte e anche alcune spiegazioni.
Buonasera professore in merito all'equilibrio chimico in sistemi biologici il
termine costante di dissociazione è usato come sinonimo di costante di equilibrio?
Bellelli: si, l'esempio fornito è l'equilibrio della mioglobina con l'ossigeno e
la reazione, essendo reversibile, può essere scritta in entrambe le direzioni:
Mb + O2 <==> MbO2
oppure
MbO2 <==> Mb + O2
Le rispettive costanti di equilibrio sono l'una il reciproco dell'altra e vengono indicate
rispettivamente come costante di associazione (o di combinazione) e costante di dissociazione.
Nel trattamento algebrico del sistema viene usata la costante di dissociazione, per ragioni
spiegate nel testo.
Salve. Non ho ben compreso perché la sovrapposizione dei campi elettrostatici
comporta la minor energia dell'orbitale di legame rispetto a quelli atomici
Bellelli: Gli elettroni, che hanno carica negativa sono attratti dal nucleo, che
ha carica positiva. Il livello zero di attrazione si ha quando la distanza tra elettrone e nucleo è
infinita. Quando l'elettrone di trova a breve distanza dal nucleo (in un orbitale atomico) si trova
in una regione di minore energia rispetto al livello zero. Quando due nuclei si avvicinano e
sovrappongono e fondono i loro orbitali, il livello energetico dell'orbitale di legame e' ancora
minore (cioe' l'intensita' del campo elettrostatico positivo, che attira gli elettroni, è maggiore).
Prenda come esempio un sasso attratto dal campo gravitazionale della terra. A distanza infinita
l'attrazione è nulla; quello è il livello zero. Se il sasso cade sulla terra raggiunge una regione di
maggiore fora attrattiva e di minore energia potenziale (condizione dell'elettrone nell'orbitale
atomico). Se lei scava una buca e ci fa cadere dentro il sasso l'energia potenziale è ancora
minore (condizione dell'elettrone nell'orbitale di legame).
Buonasera professore. Il radicale libero Cl° con un elettrone spaiato nella
reazione CH4 + Cl2 si comporta da elettrofilo anche se ha sette elettroni sul livello elettronico
esterno?
Bellelli: non posso rispondere a questa domanda cosi' come e' posta
perché contiene vari errori, o forse sono io che capisco male.
Un composto o ione o atomo nucleofilo possiede almeno una coppia di elettroni non impegnata
in legami nello strato di valenza; tipicamente corrisponde ad una base di Lewis; un elettrofilo
ha uno strato elettronico esterno incompleto e può accettare legami dativi; tipicamente è un
acido di Lewis. Un radicale è caratterizzato da almeno un elettrone spaiato nello strato di
valenza (non una coppia in un orbitale!), quindi ad un radicale la definizione di nucleofilo o
elettrofilo si adatta malamente.
La reazione CH4 + Cl2 non è descritta tra gli esempi proposti; il suo prodotto è CH2Cl-CH2Cl
e non avviene con meccanismo radicalico; il Cl2 attacca l'orbitale pi greco del doppio legame.
La reazione descritta tra gli esempi è la molto piu' classica C2H4 + HCl --> C2H5Cl. Questa
avviene con meccanismo di addizione elettrofila perché l'H+ è un elettrofilo e attacca il doppio
legame.
Il meccanismo radicalico, più difficile da innescare, è quello della reazione
C2H6 + Cl2 -> C2H5Cl + HCl
Per ottenere questa reazione bisogna prima produrre in qualche modo il radicale che può essere
C2H5° oppure Cl°. Il radicale sposta su di se uno degli elettroni di un orbitale sigma e genera
il prodotto e un nuovo radicale che va a fare una nuova reazione (meccanismo a catena).
Salve professore. Non ho ben compreso il concetto di fase termodinamica
Bellelli: la fase è una porzione del sistema termodinamico considerato nella
quale tutte le molecole appartengono ad un unico corpo; dal punto di vista chimico le molecole
possono essere uguali o diverse tra loro. Ad esempio un gas puro costituisce un'unica fase e
anche una miscela gassosa costituisce un'unica fase (ogni molecola è libera di incontrare tutte
le altre). Due liquidi immiscibili o due solidi costituiscono fasi distinte, perché le molecole del
primo corpo non possono incontrare quelle del secondo corpo.
Salve professore. Non ho ben compreso la differenza tra n diss = n e nparticelle diss = n = n ν α
Bellelli: Non sono sicuro di aver capito la domanda. Supponga di avere due
mandarini in un piatto e di chiedersi quanti corpi sono presenti nel piatto. Evidentemente fin qui
la risposta e' n_totale=2 e n_corpi=2.
Ora prenda un mandarino e lo dissoci nei suoi spicchi; supponiamo che gli spicchi siano 8. Alla
domanda su quanti corpi sono presenti nel piatto risponderemo: n_totale=2 (i mandarini sono
sempre 2); n_corpi=9 (somma di 1 mandarino indissociato e uno dissociato in v = 8 spicchi.
La formula generale per rispondere risulta quindi:
n_corpi=n_indissociati + (n_dissociati x v)
n_indissociati = n_totale x a (nel nostro esempio: n_totali=2 a=0,5)
n_dissociati x v = n_totale x a x v (nel nostro esempio: 2 x 0,5 x 8)
Perché la N-acetil glucosammina viene considerata un'ammina e non
un'ammide secondaria anche se deriva da un'ammina primaria e un acido carbossilico?
Bellelli: formalmente il gruppo funzionale è dato dal legame amidico; però
dal punto di vista della biochimica prima viene formata la glucosamina e successivamente
questa viene acetilata. Quindi il nome del composto descrive una glucosamina modificata.
Buonasera Professore. Perché avviene l'effetto induttivo del sostituente
sull'aromaticità dell'anello benzenico? Mi riferisco ai gruppi attivanti e disattivanti.
Bellelli: questa domanda riguarda i meccanismi di reazione e più
precisamente la facilitazione indotta dai sostituenti dell'anello aromatico nei confronti delle
reazioni di sostituzione. Riguarda quindi un argomento che noi non trattiamo in modo
approfondito nel nostro programma. In sostanza se un sostituente è capace di "donare"
elettroni all'anello pi greco delocalizzato (ad es. un gruppo OH come nel fenolo o addirittura O-
nello ione fenato) questo si comporta come un attivante e facilita le reazioni di sostituzione, a
discapito di quelle di addizione; per contro un gruppo che attrae elettroni tende a favorire ibridi
di risonanza parzialmente non aromatici e facilita le reazioni di addizione. Però io le consiglio
fortemente, se questo è il suo interesse, di fare riferimento a un testo di Chimica Organica più
approfondito di quelli da noi adottati in questo corso, magari ricorrendo ad una biblioteca
specializzata.
Salve professore non ho capito da quali calcoli deriva il valore di ΔH=300 Kcal
mole nella reazione di combustione del glucosio.
Bellelli: premesso che il ΔH di combustione del glucosio è -670 kcal/mole,
il ragionamento è spiegato dettagliatamente nella lezione sulle reazioni chimiche, che le
consiglio di rileggere. In sostanza se il calore molare di formazione del glucosio a partire da C,
H
2
e O
2
(dalle tabelle) è di -300 kcal/mole, mentre quelli di
H
2
O e CO
2
sono rispettivamente -58 e -94 kcal/mole la reazione
di combustione del glucosio presenterà un ΔH pari alla somma algebrica dei valori di
H
0
del glucosio (cambiato di segno perché è il reagente) più quelli dei prodotti,
ciascuno moltiplicato per il suo coefficiente stechiometrico: -(-300) + 6x(-58) + 6x(-94) = -670 kcal/mole.
Buonasera Professore. è possibile che la formula di struttura del fruttosio
secondo Haworth sul sito sia errata? Cercando su internet sembra differente. Grazie
Bellelli: tutti possiamo sbagliare, ma quella formula mi sembra corretta.
Tenga presente che la rappresentazione data sul sito pone il C2 a sinistra, invece che a destra
come viene piu' comunemente fatto. Se una formula di Haworth viene girata, le posizioni di
tutti i sostituenti chirali vanno invertite (gli OH che stavano sopra vanno sotto e viceversa). La
ragione per invertire l'orientamento di una formula e' quella di semplificare la rappresentazione
di alcuni possibili composti; ad esempio in genere si rappresenta in questo modo il fruttosio del
saccarosio. Provi a confrontare la formula data sul sito con quella del fruttosio nel saccarosio.
Buonasera professore, la formazione del solido cristallino è un processo
endoergonico. può esserlo in casi particolari
Bellelli: la sua domanda è incompleta, pertanto non è possibile dare una
risposta univoca. Qual è il processo che lei immagina? Cioè le parla di formazione del solido
cristallino a partire da cosa? Il solido cristallino è uno stato, non un processo. Ad esempio un
processo potrebbe essere la formazione del solido cristallino a partire dalla soluzione
sovrasatura di un sale. A seconda del sale che lei considera il processo può essere sia
endoergonico che esoergonico e lei se ne accorge dalla variazione della solubilità del sale in
funzione della temperatura. Nella maggioranza dei casi la solubilità dei sali aumenta
all'aumentare della temperatura, e questo rivela che la dissoluzione del solido è endoergonica
(quindi la formazione del solido è esoergonica). In alcuni casi però la solubilità del sale
diminuisce all'aumentare della temperatura, ad esempio per il solfato di calcio; questo ci rivela
che la dissoluzione del solido è esoergonica (quindi la formazione del solido è esoergonica).
Salve professore mi può spiegare il ruolo della tensione di vapore a livello
alveolare? può anche mettere un link se preferisce.
Bellelli: a 37°C la tensione di vapore saturo dell'acqua e' 44 mmHg. L'aria
che noi respiriamo ha un contenuto di vapore d'acqua molto inferiore: perché non è satura e
perché in genere si trova ad una temperatura inferiore (a 25°C la tensione di vapore saturo
dell'acqua è 18 mmHg). Le vie respiratorie devono fornire acqua e che evapora e satura di
vapore acqueo l'aria inspirata. Questo comporta che con l'espirazione noi perdiamo acqua (circa
300 mL/die; cosiddetta perspiratio insensibilis). Poiché l'alveolo polmonare è rivestito da un
sottilissimo film di liquido, si comporta come una bollicina e risente della tensione superficiale
dell'aqua che tenderebbe a farlo restringere. Questo effetto è minimizzato dalla presenza di
secreti tensioattivi (surfactanti).
Come faccio a sapere qual è la possibile ibridazione per l’atomo di carbonio?
Bellelli: il carbonio tende allo stato di massima ibridizzazione possibile, però
mentre l'orbitale di legame sigma può essere formato da qualsiasi orbitale atomico, l'orbitale pi
greco puo' essere formato soltanto da orbitali atomici p non ibridizzati. Quindi lei deve guardare
il suo atomo di carbonio e contare quanti orbitali pi greco forma. Se possiede soltanto legami
semplici (ad es. il metano) forma soltanto orbitali di legame di tipo sigma e la sua ibridazione è
la più alta possibile, cioè sp
3
. Se forma un solo legame doppio (ad es. la
formaldeide) ha tre orbitali sigma e un orbitale pi greco, derivante da un orbitale atomico p non
ibridizzato; quindi la sua ibridazione è sp
2
. Se forma due legami doppi (ad es.
l'anidride carbonica) o un legame triplo (ad es. l'etino) ha due orbitali sigma e due orbitali pi
greco, derivanti da due orbitali atomici p non ibridizzati; quindi la sua ibridazione è sp.
Salve professore mi può spiegare cosa avviene dopo il punto di equivalenza durante le titolazioni?
Bellelli: quando viene superato il punto di equivalenza in una titolazione
il segnale osservato è dato dall'eccesso di titolante libero. Ad esempio in una titolazione di
acido acetico con NaOH, al punto di equivalente è presente soltanto CH
3
COONa
e il pH (che in questa titolazione è il segnale) è dato dall'idrolisi del sale. Se viene aggiunta
ulteriore NaOH ci sarà in soluzione un eccesso di base forte non tamponata che determinerà
il pH (secondo la regola [OH
-
] = Cb); il contributo del CH
3
COONa
al pH sarà trascurabile.
Mi scusi professore la frazione molare della soluzione glucosata al 5 p/v non
riesco a capire cosa sono gli altri 95 siccome non scritto nella domanda.
Bellelli: la glucosata è una soluzione acquosa contenente il 5% di glucosio
espresso come rapporto peso/volume (p/v). Quindi questa soluzione contiene 5 g di glucosio
in 100 mL di volume totale. Il rimanente "95" è acqua però non è corretto in un rapporto peso
volume utilizzare la sottrazione. Conoscendo la densità lei potrebbe convertire la percentuale
peso/volume in una percentuale peso/peso, per la quale la sottrazione sarebbe applicabile.
Ad esempio se la densità fosse esattamente 1 g/mL, 100 mL peserebbero 100 g e la soluzione
sarebbe composta da 5 g di glucosio e 95 g di acqua. Questi concetti sono spiegati nella lezione
sulle soluzioni.
Buonasera prof. ha un consiglio sul modo migliore per studiare le formule per l'esame?
Sto avendo difficoltà a memorizzarle.
Bellelli: ovviamente ci vuole molto esercizio. Provi a scrivere le formule di
struttura nel modo più esplicito possibile indicando ogni atomo e ogni legame; eviti, almeno
inizialmente, quelle rappresentazioni nelle quali gli atomi sono sottintesi (linee spezzate, etc.).
Controlli che i legami che attribuisce agli atomi siano consistenti con la loro capacità di formare
legami: il C deve sempre fare 4 legami, O 2 legami, etc. In caso di dubbio provi a scrivere la
rappresentazione di Lewis, nella quale ogni elettrone dello strato esterno è rappresentato con
un puntino; ogni legame deve avere due elettroni.
Come faccio a sapere qual è la possibile ibridazione per l’atomo di carbonio?
Bellelli: la risposta a questa domanda sta nella
lezione sulla Chimica Organica
dove lei trova un paragrafo intitolato: "RICONOSCERE L'IBRIDAZIONE DEL CARBONIO (E DI
QUALUNQUE ALTRO ATOMO)." Sarebbe un errore didattico da parte mia ripetere in questa sede
le spiegazioni gia' date, meglio, sul materiale didattico fornito. Se quella parte non le risulta
chiara mi formuli una nuova domanda, più precisa.
Buonasera professore e' corretto dire che un ambiente acido e' tendenzialmente un ambiente ossidante?
Bellelli: lei fa una strana domanda, che richiede una risposta complicata.
Diciamo che, in prima approssimazione, che non c'è ovvia relazione tra un ambiente acido e un
ambiente ossidante: acido vuol dire ad elevata concentrazione di ione idrogeno, ossidante vuol
dire che ha una elevata concentrazione di un agente ossidante.
Saliamo ora un gradino nel dettaglio della nostra analisi: lo ione idrogeno è la specie ossidata
della coppia H
2
/H
+
; quindi un ambiente acido risulta ossidante nei
confronti di qualunque specie chimica che abbia un potenziale standard negativo. Ad esempio
se noi aggiungiamo zinco metallico ad una soluzione di un acido forte osserviamo la reazione:
Zn
0
+ 2 H
+
--> Zn
+2
+ H
2
In questa reazione lo ione idrogeno è l'ossidante e si riduce a idrogeno gassoso, mentre lo zinco
metallico è il riducente (E
0
= -0,76 V) e si ossida a ione zinco. Dunque, in
presenza di un riducente sufficientemente energico una soluzione acida risulta ossidante, e
quanto più è acida (cioè quanto più basso è il suo pH) tanto più è ossidante.
Saliamo ora un altro gradino nel dettaglio della nostra analisi: l'atmosfera contiene ossigeno che
è un ossidante molto energico, e l'ossigeno si discioglie in acqua seguendo la legge di Henry;
quindi, a meno di non preparare le nostre soluzioni in una atmosfera di un gas inerte (ad es.
azoto o argon), tutte le nostre soluzioni e anche l'acqua pura si comporteranno come ossidanti,
a causa dell'ossigeno in esse contenuto.
In una soluzione acida, lo ione idrogeno (o anche il suo controione; ad esempio Cl
-
) può
avere un effetto catalitico sulle reazioni di ossidazione dovute all'ossigeno disciolto, oppure può
partecipare in altro modo alla reazione stessa; ad esempio la semireazione di riduzione dello
ione cromato:
CrO
4
-2
+ 8 H
+
+ 6 e
-
--> Cr
+3
+ 4 H
2
O
richiede ione idrogeno come reagente; in questa reazione lo ione idrogeno non si comporta
né da ossidante né da riducente (il suo numero di ossidazione rimane invariato), ma è richiesto
dalla stechiometria di reazione e appare nell'equazione di Nernst. Chiaramente la semireazione
è favorita (qualunque sia la specie riducente utilizzata come donatore di elettroni) in ambiente
acido, per il principio di Le Chatelier, però è una semireazione di
riduzione
: questo
vuol dire che in questo caso l'ambiente acido favorisce una riduzione, anziché una ossidazione!
Non ho capito la frase: il prodotto tra le incertezze delle misure di posizione
e velocità non può essere inferiore ad una funzione della costante di Plank
Bellelli: le grandezze velocità e posizione sono tra loro complementari;
ovvero devono essere determinate insieme: non possiamo conoscere la velocità di una
particella se non sappiamo dove si trova. Quando due grandezze sono complementari, anche
l'incertezza della loro misura risulta correlata: cioè l'inevitabile errore di misura non è su
ciascuna ma sulla coppia (principio della complementarità di Bohr). Questo implica che se una
delle due in un esperimento è misurata con grande precisione, l'altra sarà imprecisa. Non si può
risolvere questo problema con strumenti più precisi perché al livello degli oggetti quantistici
tutte le grandezze sono anche quantistiche e l'incertezza sul prodotto quantità di moto x posizione
non può essere inferiore alla metà della costante di Plank ridotta che è appunto una misura
della discontinuità degli oggetti quantistici.
Buonasera Professore non ho ben capito la diapositiva sulla spettroscopia di
assorbimento come funziona il come leggere il grafico sotto
Bellelli: una domanda di questo tipo, che richiede la discussione di un
grafico va fatta in classe; me la proponga alla prossima lezione.
Buonasera professore, potrebbe spiegarmi brevemente la sovrapposizione
degli orbitali ibridi S e P? Grazie.
Bellelli: questa domanda è già stata posta su questo sito; se scorre lo
storico verso l'alto trova domanda e risposta.
Buonasera professore. Qual è la differenza tra forze di London e forze di Van der Waals?
Bellelli: di solito si intende per forse di Van der Waals l'insieme di tutti i tipi di interazioni deboli e per forze di London le interazio
ni deboli non elettrostatiche (quindi con l'esclusione delle interazioni dipolo-dipolo, ione-dipolo e legame idrogeno.
buonasera professore volevo chiederle se per caso fosse possibile spiegare il
procedimento della prima domanda del capitolo sulle soluzioni, quella della frazione molare.
Bellelli: la domanda chiede di convertire una molarita' in una frazione molare.
Prendendo 1 L di soluzione, il numero di moli del soluto è uguale alla sua molarità. Il numero di
moli del solvente è dato dal peso del solvente diviso per il suo peso molecolare. Il peso del
solvente è dato da: [volume (1 L) x densità - peso del soluto].
La frazione molare del soluto è X = moli soluto / (moli soluto + moli solvente).
Buongiorno prof. come mai composti come il pirano o il tetraidrofurano sono
considerati alifatici pur avendo una catena chiusa?
Bellelli: perche' un composto sia aromatico non basta che sia ciclico: deve
avere doppi legami e orbitali pi greco delocalizzati; inoltre la regola di Huckel richiede che gli
elettroni negli orbitali pi greco siano 4n+2 dove n e' il numero degli anelli presenti nel
composto. Ad esempio non sono aromatici ne' il cicloesano (che e' ciclico ma non ha doppi
legami), ne' il cicloesene (ciclico con un solo doppio legame), ne' il cicloesadiene (ciclico con
due doppi legami), mentre e' aromatico il benzene (=cicloesatriene, con un solo anello a sei
atomi, tre doppi legami e 6 elettroni negli orbitali pi greco)
Buonasera prof. Perche' nel calcolo dell'entalpia rusulta H = Q = 116
kcal/moleO2 e non 16 kcal/moleH2O
Bellelli: perche' in quell'esempio sono state calcolate le energie di legame
per la reazione di una molecola di ossigeno (116 kcal/moleO2), che forma due molecole di
acqua; quindi abbiamo ottenuto kcal per mole di ossigeno o kcal per due moli di H2O.
Buongiorno prof mi può spiegare per quale motivo si ha Ca = [HA]?
Bellelli: non viene indicato il tipo di soluzione alla quale lei si riferisce. In
una soluzione di acido debole si ha Ca = [HA] + [A-] (questa è la legge di conservazione delle
masse). Se l'acido è debole e Ca è grande rispetto alla Ka (ad es. Ca = 0,1 M; Ka = 10
-5
M)
allora avremo che [HA] >> [A-], e nella somma [HA]+[A-] è lecito trascurare il contributo di
[A-]; pertanto [HA] = Ca. In un tampone il ragionamento è lo stesso ma in questo caso
abbiamo il componente [A-] derivante dalla dissociazione del sale; pertanto dobbiamo
approssimare [HA]=Ca e [A-]=Cs.
Buongiorno prof perché la reazione A+B -> AB -> C è bimolecolare anche da AB a C?
Bellelli: la reazione indicata nello schema è composta da due processi
successivi: A+B -> AB bimolecolare e (presumibilmente) di secondo ordine; e AB -> C
monomolecolare e (presumibilmente) di primo ordine. Dove ha trovato che AB -> C è
bimolecolare?
Buonasera professore. Per quali valori di Ka posso considerare un acido forte
o debole? Esiste un valore che funge da spartiacque tra le due categorie?
Bellelli: non esiste un vero valore di soglia. In termini approssimativi l'acido
forte non ha una Ka perché dissocia interamente e ad equilibrio la forma indissociata non è più
presente. Se lei vuole un discorso più preciso, nessuna reazione è veramente irreversibile e
anche un acido forte ha una Ka che però è maggiore delle concentrazioni di acido praticamente
utilizzabili. Deve considerare che per la legge di Ostwald, se lei discioglie in acqua un acido ad
una concentrazione pari al doppio della sua Ka, ottiene un grado di dissociazione pari a 0,5; per
ottenere un grado di dissociazione del 90% deve usare una concentrazione pari a 1/8 della Ka.
Se noi accettiamo l'approssimazione che un acido è interamente dissociato, quindi forte, se il
suo grado di dissociazione alfa uguaglia o supera il 90%, allora un acido forte ha una Ka che è
pari o superiore a 8 volte la concentrazione massima che lei intende utilizzare. Ad esempio se la
concentrazione massima che lei può disciogliere è 1 M un acido forte deve avere Ka = 8 M.
Buonasera professore, mi può rispiegare come faccio ad approssimare
[HCOOH] = Ca e [HCOO-] = Cs nella soluzione tampone?
Bellelli: prendiamo il tampone costituito da HCOOH e HCOONa. Per la legge
di conservazione della carica abbiamo: [H3O+] + [Na+] = [OH-] + [HCOO-] (la somma delle
cariche negative uguaglia la somma delle cariche positive). Siccome [H3O+] e [OH-] sono
entrambi piccoli rispetto a [Na+] e [HCOO-] possiamo approssimare [Na+] = [HCOO-]; ma noi
sappiamo che [Na+]=Cs per cui [HCOO-]=Cs. Per la legge di conservazione della massa noi
sappiamo che Ca+Cs=[HCOOH]+[HCOO-]; ma noi abbiamo già approssimato [HCOO-]=Cs,
quindi l'equazione precedente si risolve in Ca=[HCOOH].
buonasera professore; perché qualunque tipo di misurazione di un elettrone è
sufficiente affinché questo ci appaia come particella?
Bellelli: non sono sicuro di aver capito bene la domanda. L'elettrone ci può
apparire come particella o come onda a seconda del tipo di misurazione che noi facciamo;
quindi non è vero che qualunque tipo di misurazione ci farà apparire l'elettrone come particella.
L'elettrone gode della proprietà della molteplicità di stato, cioè è sia onda che particella; oppure
forse dovremmo dire che alle dimensioni dell'elettrone onda e particella non sono due cose
così distinte come ci appaiono nel mondo macroscopico. A seconda dell'esperimento che
facciamo riveliamo proprietà caratteristiche dell'onda o della particella.
Salve professore, non ho ben capito la differenza tra potenziale elettrostatico e potenziale elettrochimico.
Bellelli: il potenziale elettrochimico e' dato dalle tendenza di un atomo, ione
o composto a cedere o acquistare elettroni e corrisponde al potenziale redox standard della
semireazione considerata (per intenderci quello che trova nella tabella dei potenziali redox). Il
potenziale elettrostatico e' invece dato dall'accumulo di carica: il fusso di elettroni in una pila
rende una semicella positiva e una negativa, generando nell'una un eccesso di ioni positivi,
nell'altra un eccesso di ioni negativi.
In che modo la seconda dissociazione del fosfato avendo pKa = 7,2 svolge il ruolo di tampone nel sangue?
Bellelli: La seconda dissociazione del fosfato e':
H
2
PO
4
-
+ H
2
O <=> HPO
4
-2
+ H
3
O
+
.
In questa reazione il composto H
2
PO
4
-
si comporta come un acido mentre il composto HPO
4
-2
e' la sua base coniugata; i due costituiscono quindi un tampone.
Salve Non mi e' ben chiaro questo passaggio: quando il gas e' presente in
soluzione in varie forme, la legge di Henry applica soltanto alla forma che
e' uguale negli stati si soluto e gassoso.
Bellelli: se lei considera un gas come l'ossigeno, questo ha la formula
O
2
sia in fase gassosa che in soluzione e rispetta sempre la legge di Henry.
Se lei invece considera un gas come la CO
2
, questa ha la formula
CO
2
nella fase gassosa, mentre in soluzione acquosa reagisce con l'acqua
secondo le reazioni:
CO
2
+ H
2
O <=> H
2
CO
3
<=> HCO
3
-
+ H
3
O
+
l'equilibrio tra la fase gassosa e quella di soluzione e' possibile soltanto per la specie
CO
2
, mentre le specie H
2
CO
3
e HCO
3
-
non possono passare nella fase gassosa.
Buonasera professore non ho ben chiaro cosa rappresenta il termine Eo nell'equazione di Nernst
Bellelli: il termine Eo nell'equazione di Nernst per il potenziale di semicella
rappresenta il potenziale redox standard della coppia redox presente nella semicella, e si trova
sulla tabella dei potenziali redox.
Buonasera, perchè il secondo S nello ione iposolfito ha n.o. -2 e non -1 che è l'elettrone che prende dallo S centrale ossia come fa a compor
tarsi come un ?
Bellelli: l'iposolfito, il cui nome e' stato cambiato in tiosolfato, ha la stessa
struttura elettronica del solfato, e i due atomi di zolfo hanno numeri di ossidazione diversi;
quello al centro ha no=+6, come nel solfato; quello esterno occupa una posizione e un ruolo
analogo a quello di uno degli ossigeni del solfato ed ha lo stesso numero di ossidazione di quelli,
cioe' -2.
Salve professore, visto che nello spazio la pressione e uguale a zero, la
temperatura allora non dovrebbe essere uguale a 0 gradi Kelvin?
Bellelli: questa domanda verte verso la filosofia. Il calore e' una forma di
energia posseduta dai corpi; quindi in senso stretto il vuoto non possiede veramente ne' calore
ne' temperatura, e non e' in grado di scambiare calore con altri corpi, anche se pue' essere
attraversato da radiazione infrarossa e microonde, che veicolano calore. Infatti un termos, che
può mantenere la temperatura del suo contenuto, e' fatto da un sottile involucro chiuso in vetro
al cui interno e' stato fatto il vuoto. Pero' proprio perche' il vuoto non puo' contenere calore, e'
formalmente corretto (ma poco sensato) dire che la sua temperatura e' 0 K.
Salve, nel sito dice che il fumarato rientra nel mitocondrio diventando
ossalacetato. Il libro dice che non ci sono carrier per l'ossalacetato. Come rientra allora il
fumarato?
Bellelli: il libro ha ragione. Nel citoplasma della cellula ci sono enzimi che
convertono fumarato in ossalacetato, ed è quest'ultimo ad essere trasportato nel mitocondrio.
Gli enzimi citoplasmatici catalizzano reazioni formalmente identiche a quelle mitocondriali ma
sono proteine diverse, codificati da geni diversi.
Buongiorno. Non capisco perché nel tampone bicarbonato anidride carbonica
la CO2 è pari alla concentrazione di acido e lo ione bicarbonato è pari a quella del sale
Bellelli: questo è spiegato nella lezione sui tamponi del sangue. In breve il
sale del tampone è il bicarbonato di sodio presente nel plasma. L'acido dovrebbe essere l'acido
carbonico (H2CO3) che però è presente in piccolissima quantità ed è in equilibrio con la CO2,
a causa della reazione CO2 + H2O <=> H2CO3; quindi si considera quest'ultima come acido.
Salve Professore, non capisco come una delle due CO2 prodotte dal ciclo di
Krebs derivi dall'acetilCoA; non derivano dall'ossalacetato entrambe?
Bellelli: una delle CO2 viene dall'acetile, l'altra dall'ossalato, ma questo non
si puo' facilmente spiegare a parole. Modifico la figura del ciclo di Krebs, vada a vederla sul sito.
Buonasera professore nella dimostrazione dell'idrolisi salina acida non mi riesce a tornare che H3O+
e' uguale a radice di Ki x Cs.
Bellelli: la reazione (ad esempio) di NH4Cl è: NH4Cl --> NH4+ + Cl- ; e poi
NH4+ + H2O <==> NH3 + H3O+. Scriviamo la legge di azione delle masse per la seconda (la
prima e' irreversibile) e otteniamo: Ki = [NH3] [H3O+] / [NH4+].
Approssimiamo [H3O+] = [NH3] (si formano nella stessa reazione) e [NH4+] = Cs (la reazione
ha un basso grado di dissociazione); otteniamo: Ki = [H3O+]^2 / Cs, da cui [H3O+] = radice Ki x Cs.
Buongiorno professore. In una pila a concentrazione perché nella cella a
concentrazione maggiore avviene la riduzione e non l'ossidazione?
Bellelli: la regola che lei enuncia non esiste. L'ossidazione avviene nella
semicella il cui potenziale è minore (piu' negativo o meno positivo) e la riduzione in quella in cui
il potenziale e' maggiore (piu' positivo o meno negativo).
Quindi per sapere dove avviene l'ossidazione e dove la riduzione occorre applicare l'equazione
di Nernst alle due semicelle e vedere quale delle due ha il potenziale minore.
Se la pila a concentrazione è fatta ad esempio con due semicelle a zinco l'equazione di Nernst
ci dice che la semicella con la maggiore concentrazione di ione Zn++ è quella che ha il
potenziale maggiore e quindi è quella in cui avviene la riduzione. Se invece facciamo una pila a
concentrazione di Cl2 / Cl- l'equazione di Nernst ci dice che la cella in cui è maggiore la
concentrazione dello ione Cl- è quella che ha il potenziale minore e quindi è quella in cui
avviene l'ossidazione. Provi a immaginare qualche pila a concentrazione e a scrivere le
equazioni di Nernst delle due semicelle per verificare.
Perchè il benzene nucleofilo si combina con il gruppo OH dando sostituzione
elettrofila? E perchè se si aggiunge il NH2 risulta meno basico di un'ammina (alifatica)?
Bellelli: questa domanda è molto confusa. I termini elettrofilo e nucleofilo si
applicano ai meccanismi delle reazioni organiche; quando lei dice che il benzene si combina col
gruppo OH a quale reazione sta pensando? La sintesi chimica del fenolo di norma non si fa a
partire dal benzene; la si fa a partire dall'acido benzensulfonico o da un alogenuro del benzene
come il clorobenzene. L'amina del benzene (anilina) e in generale tutte le amine aromatiche
sono meno basiche (hanno Kb più basse) delle corrispondenti amine alifatiche perché il
doppietto elettronico dell'azoto è parzialmente coinvolto nel sistema aromatico delocalizzato.
Buonasera professore volevo comunicarle che nell'autovalutazione n.3 c'è
un errore. Nell'es.7: il cloruro di ammonio dà luogo a idrolisi acida.
Bellelli: grazie, controllo subito e provvedo a correggere.
Buonasera professore non ho capito bene come calcolare la densità dell'aria alla temperatura di 298K e alla pressione di 1 atm
Bellelli: possiamo ragionare in vari modi. Io le suggerisco il seguente:
prendiamo un numero di Avogadro di molecole (una mole totale). Le frazioni molari sono:
O2=21%; N2=79%. Dunque il peso di una mole di aria risulta: 32x0,21 + 28x0,79 = 28,8 g.
Il volume molare di un gas perfetto a 1 atm, 298 K è 24,4 L; quindi la densità dell'aria risulta
28,8 g / 24,4 L = 1,18 g/L.
Nella spiegazione dell'isomeria per gli alcani menziona 3 tipi: costituzione,
posizione, conformazione. Non capisco la differenza tra i primi due.
Bellelli: lei ha studiato male e deve rivedere quella lezione perché le
isomerie nel caso degli alcani sono semplicemente elencate, mentre sono spiegate in dettaglio
più avanti nella stessa lezione, con tutti gli esempi necessari. Per l'isomeria di costituzione
l'esempio proposto è quello della coppia butano-isobutano; per l'isomeria di posizione l'esempio
proposto è quello della coppia 2metilpentano-3metilpentano (che sono entrambi alcani). Studi
bene la lezione fino in fondo e provi a riscrivere le formule degli esempi proposti. Se poi non è
chiaro mi faccia una domanda più precisa.
Prof__ma_qual_è_il_significato_di__acet___davanti_ai_vari_composti__es_acetilcolina__acetamide__ecc___
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