LA VIA ITALIANA AL RAZZISMO

 
    IL MANIFESTO DELLA RAZZA
    L'atto di nascita ufficiale della scienza razzista in Italia e' probabilmente il Manifesto della Razza, pubblicato sulla rivista La Difesa della Razza nel numero del 5 agosto 1938 [1,2]. Il Manifesto, che consta di 10 tesi e' un breve testo voluto da Mussolini in persona e redatto probabilmente da Guido Landra un giovane assistente dell'Istituto di Antropologia dell'Universita' di Roma. Apparve inizialmente senza firma ma fu dopo alcuni giorni riconosciuto e sottoscritto da sei professori universitari affermati e quattro loro giovani allievi: Nicola Pende (all'epoca Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Universita' di Roma); Sabato Visco (all'epoca Direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Universita' di Roma nonche' Direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche); Franco Savorgnan (Professore Ordinario di Demografia all'Universita' di Roma e Presidente dell'Istituto Centrale di Statistica); Arturo Donaggio (Direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Universita' di Bologna e Presidente della Societa' Italiana di Psichiatria); Edoardo Zavattari (Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Universita' di Roma; Lidio Cipriani (Professore incaricato di Antropologia all'Universita' di Firenze); Lino Businco (Assistente alla cattedra di patologia generale all'Universita' di Roma); Leone Franzi' (Assistente nella Clinica Pediatrica dell'Universita' di Milano); Guido Landra (Assistente alla cattedra di Antropologia all'Universita' di Roma; passera' poi a tempo pieno alla redazione della rivista La Difesa della Razza); Marcello Ricci (Assistente alla cattedra di Zoologia all'Universita' di Roma).
 
    Il Manifesto della Razza e' ordinato in 10 brevi articoli costruiti con un sapiente crescendo retorico; infatti il primo sembra neutro e ambisce a conquistare il lettore con la sua pacatezza:
    "1) Le razze umane esistono.
L'esistenza delle razze umane non e' gia' un'astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realta' fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realta' e' rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti."
 
    La rassicurante premessa che le razze non sono a priori superiori o inferiori viene pero' platealmente smentita negli articoli successivi, quali ad esempio:
    "8) E' necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra.
Sono percio' da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili."
 
    Evidentemente qualche razza deve essere inferiore, visto che le simpatie interrazziali con razze Africane o Orientali sono inammissibili (per contro le simpatie interrazziali tra razze europee sono stabilite come ammissibili nel successivo art. 10). E comunque, a scanso di equivoci, gli Ebrei che abitano in Italia non sono di razza italiana e appartengono a quelle razze con cui i rapporti sono inammissibili:
    "9) Gli ebrei non appartengono alla razza italiana.
Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale e' rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si e' mai assimilata in Italia perche' essa e' costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani."
 
    GLI SCIENZIATI RAZZISTI: N. PENDE E S. VISCO
    Nicola Pende e Sabato Visco avevano ancora un barlume di cultura medica tale da riconoscere che le teorie razziste biologiche erano inapplicabili alla realta' demografica italiana, e cercarono di costruire una teoria che e' stata definita nazional-razzismo nella quale il concetto di razza equivaleva essenzialmente a quello di stirpe. Gli italiani in questa teoria erano un gruppo reso relativamente omogeneo da una discendenza comune e da una cultura condivisa [3,4]. L'ipotesi nazional-razzista evitava l'assurdita' per cui Mussolini e i suoi seguaci pretendevano che gli italiani avessero affinita' razziale con i tedeschi mentre differivano biologicamente dai francesi e dagli inglesi; ma proprio per questo non era particolarmente gradita alla politica del regime. Al commentatore non puo' sfuggire che questa posizione era nelle sue basi simile a quella di Virchow, il quale pero' ne aveva tratto la posizione opposta e si era strenuamente opposto al razzismo. Probabilmente sia Virchow che Pende commettevano un errore concettuale nel pensare che la variabilita' delle popolazioni umane fosse dovuta al mescolamento di razze diverse: nelle popolazioni umane, e in genere nelle popolazioni naturali, la variabilita' genetica e' sempre ampia e la razza omogenea si ottiene solo artificialmente, negli animali e nelle piante da allevamento, mediante incroci selettivamente controllati. Rimane comunque il fatto che, basandosi su osservazioni analoghe, Pende giustificava una variante del pensiero razzista mentre Virchow lo respingeva.
 
    L'ANTISEMITISMO DEL REGIME
    In pratica il razzismo fascista aveva tre obiettivi distinti ma tra loro spesso confusi. In primo luogo in Italia indicava la comunita' ebraica come avversaria e nemica del regime, certamente anche per compiacere l'alleato nazista. Le aberranti leggi razziali causarono l'espulsione degli ebrei dal contesto sociale del paese e spesso la loro forzata emigrazione con danni enormi non solo per le persone discriminate ma per l'intero paese che si vide privato di cittadini di grandissimo valore (sulla distruzione di interi settori della cultura e della ricerca si veda il libro di G. Israel e P. Nastasi [4]). In secondo luogo nelle colonie le leggi razziali miravano ad impedire i matrimoni misti e la nazionalizzazione delle etnie residenti nei territori conquistati, che dovevano rimanere asservite e non diventare membri della comunita' nazionale. In terzo luogo il razzismo doveva rafforzare la "razza" italica sia nello spirito, infondendo in essa una consapevolezza che in precedenza non possedeva, che nel corpo mediante le varie istituzioni all'uopo preposte. E' un segno della confusione degli scienziati razzisti della scuola di Pende l'idea che la "razza" potesse essere migliorata mediante l'alimentazione corretta, la bonifica ambientale, l'igiene sociale e personale e l'esercizio ginnico: tutte queste cose sono buone e fanno bene ma non alterano il patrimonio genico della popolazione.
    I primi due obiettivi della politica del regime erano entrambi immorali, mentre il terzo sarebbe stato accettabile ed anche encomiabile se non fosse stato presentato insieme con gli altri. L'antisemitismo e le leggi che lo implementavano in pratica ebbe le conseguenze piu' nefaste sull'Italia e causo' non soltanto le maggiori sofferenze ma anche il piu' grave imbarbarimento della vita civile del paese. Nelle colonie dell'Africa Orientale Italiana i maggiori danni alle popolazioni locali derivarono probabilmente dalle guerre di conquista condotte spietatamente e anche con l'uso dei gas tossici. Le leggi razziali, per quanto aberranti e odiose, tendevano a separare il conquistatore dal conquistato e, unite allo scarso controllo del territorio, ebbero probabilmente un peso minore sulla popolazione locale.
 
    RAZZISMO IN SACRESTIA: G. PREZIOSI E A. GEMELLI
    Prima delle leggi razziali l'antisemitismo non aveva grandi sostenitori in Italia (mentre era alquanto diffuso in altri paesi europei): i pochi antisemiti italiani erano in genere ecclesiastici che accusavano gli Ebrei dell'uccisione di Gesu'. Il primo tra questi in senso cronologico fu probabilmente Giovanni Preziosi (1881-1945) che fu prete soltanto per il breve periodo compreso tra il 1909 e il 1911, e che curo' le varie edizioni italiane dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Questo libello e' un falso dalla storia complicata, frutto di vari plagi successivi messi insieme probabilmente dall'Okrana, la polizia segreta della Russia zarista e apparso in Russia nei primissimi anni del '900 [2]. Preziosi ne curo' la traduzione e la prima edizione italiana nel 1921, e poi le edizioni successive volute da Mussolini dopo il 1937. Il testo e' l'immaginario resoconto di una riunione di capi sionisti che rivelano le segrete mire di dominio mondiale degli Ebrei, e la sua origine e' stata immaginata in un recente romanzo di Umberto Eco [4]. E' notevole che Preziosi, il quale aderi' entusiasticamente al fascismo, tanto da suicidarsi alla caduta di questo, era antisemita ben prima che lo diventasse Mussolini, il quale nel 1921 non era ancora arrivato al potere, e prima anche di Hitler che nel 1921 era ancora un agitatore politico di infimo livello.
 
    Padre Agostino Gemelli (1878-1959), cui e' intitolato il Policlinico Gemelli di Roma, sede dalla Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' Cattolica, non fu in senso stretto un teorico della scienza razzista: fu un fervente fascista e un violento sostenitore dell'antisemitismo e scrisse delle pagine agghiaccianti sulla rivista Vita e Pensiero, da lui fondata e che ancora viene pubblicata. Ad esempio nel suo necrologio del prof. Felice Momigliano, pubblicato su Vita e Pensiero nel 1924 si legge:

"Un ebreo, professore di scuole medie, gran filosofo, grande socialista, Felice Momigliano, e' morto suicida. I giornalisti senza spina dorsale hanno scritto necrologi piagnucolosi. Qualcuno ha accennato che era il Rettore dell'Universita' Mazziniana. Qualche altro ha ricordato che era un positivista in ritardo. Ma se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero, e con il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l'opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non e' vero che al mondo si starebbe meglio? Sarebbe una liberazione, ancora piu' completa se, prima di morire, pentiti, chiedessero l'acqua del Battesimo."
 
    Questo brano esemplifica bene il pensiero di A. Gemelli: non nomina in nessun modo la razza, ma accusa gli Ebrei del crimine di deicidio e se ne augura la scomparsa definitiva. Gemelli non fa questioni genetiche o di razza: prende il gruppo degli Ebrei in modo acritico e sembra indicarlo semmai come una comunita' religiosa (anche se la conversione non e' sufficiente a farlo recedere dal desiderio che scompaiano). Altrove Gemelli chiama gli Ebrei "popolo deicida", piuttosto che "razza", e il suo livore nei loro confronti dipende dal fatto che a distanza di 2000 anni ritiene i presunti discendenti moderni degli abitanti della Palestina romana responsabili di un presunto crimine commesso dai loro avi.
    Il minimo che si puo' dire di Gemelli e' che non fu un buon cristiano: di certo non fu Felice Momigliano a piantare i chiodi sulla croce, e chi crede all'esistenza di Gesu' in Paradiso, non puo' sinceramente credere che Egli ce l'abbia con Momigliano o con qualunque Ebreo moderno: Gesu' sulla croce perdono' i suoi persecutori.
    A prescindere dalle considerazioni inerenti alla fede e alla dottrina cristiana, e dalla dubbia validita' storiografica dei Vangeli, chi, come Gemelli, accusa gli Ebrei del deicidio di Gesu', e' un pensatore assai rozzo: dimentica infatti il loro merito di essere il popolo deiparo (Gesu' era nato da Maria e Giuseppe, che erano Ebrei e la sua vita e predicazione si svolsero in seno alla comunita' Ebraica), la corresponsabilita' dei Romani, e la funzione liberatrice della morte terrena dal figlio di Dio, episodio fondamentale del mistero di Cristo (se Gesu' non fosse morto sulla croce il cristianesimo non si sarebbe sviluppato o sarebbe stato assai diverso da come lo conosciamo). Rozzezza e violenza sembrano due caratteristiche del pensiero di A. Gemelli ogni volta che in qualche modo il discorso viene a cadere sugli Ebrei e sulla passione di Cristo.
    Oltre al popolo deicida, Gemelli odiava con pari vigore i socialisti e i comunisti, russi e nostrani, ed era un convinto sostenitore del regime fascista. E' annoverato tra coloro che aderirono al manifesto della razza ma non appare tra gli estensori del documento.
    Dal punto di vista professionale Gemelli, che si era laureato in Medicina e Chirurgia a Pavia (il relatore della sua tesi era il premio Nobel Camillo Golgi) e' ricordato come uno dei fondatori della scienza della psicologia in Italia e come rettore dell'Universita' Cattolica (di cui fu uno dei fondatori). Tra il 1937 ed il 1959 (anno della morte) fu il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.
 
    GLI SCALMANATI: T. INTERLANDI, G. ALMIRANTE E LA DIFESA DELLA RAZZA
    Telesio Interlandi e Giorgio Almirante (che fu nel dopoguerra il fondatore del MSI, Movimento Sociale Italiano, poi divenuto AN, Alleanza Nazionale, ed infine confluito nel PDL) furono giornalisti e pubblicisti e scrissero sulla rivista La Difesa della Razza [2], della quale erano rispettivamente direttore e segretario di redazione. Non avevano nessuna cultura specifica in medicina o in antropologia ed erano soltanto zelanti e spregiudicati seguaci di Mussolini. Le loro teorie non sono ne' loro ne' teorie: sono accozzaglie di pregiudizi e di idee scopiazzate.
    Ad un livello intelletuale solo leggermente superiore si situa Guido Landra, antropologo e contributore della Difesa della Razza.
 
    IL RAZZISMO FANTASTICO DI J. EVOLA
    Nello squallido panorama del razzismo italiano Julius Evola occupa una posizione particolare, assai stravagante. I libri di questo autore sono ancora ripubblicati e godono del favore di una ristretta cerchia di simpatizzanti. Al contrario di Interlandi e Almirante, Evola aveva un pensiero autonomo (che probabilmente andrebbe classificato come un delirio schizofrenico lucido): egli infatti credeva che la razza intesa in senso biologico, comportasse caratteri fisici (dal colore della pelle alle fattezze del volto e del corpo), caratteri "dell'anima" (in linea di massima identificabili in quello che uno psicologo moderno chiamerebbe la personalita' o il temperamento), e caratteri "dello spirito". Questi ultimi, che Evola riteneva i piu' importanti, sono essenzialmente identificati come idee astratte delle quali l'individuo e' convinto: la sua visione del mondo. In pratica, secondo Evola, un vero ariano dovrebbe essere nato da una stirpe razziale ariana, dovrebbe essere alto, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, dovrebbe avere un carattere orgoglioso e riservato, e una visione del mondo "alta" nella quale hanno posto valori quali l'amore di Patria o l'orgoglio razziale; per finire dovrebbe essere ammesso nella sua comunita' di appartenenza con un rito particolare che sancisce l'effettiva acquisizione di questi valori fondamentali [6].
    Ovviamente il razzismo di Evola e' piuttosto esclusivo: magari uno e' alto e biondo ma e' socialista (segno di spirito non ariano) oppure timido o pacifista (segno di anima non ariana). Evola spiega questi casi come risultanti da contaminazioni razziali: il tizio dell'esempio sembra fisicamente ariano ma la sua stirpe e' stata contaminata e quindi in realta' ai livelli superiori, dell'anima e dello spirito, e' un meticcio.
    Il razzismo di Evola era malvisto dai suoi colleghi della Difesa della Razza e dal regime: infatti era esclusivo e del tutto inadatto a formare la coscienza razziale del popolo italiano e fascista. Mussolini voleva un popolo compatto e ubbidiente e usava la razza come un artificio per creare questa compattezza nazionale; Evola creava all'interno della nazione e della razza una elite ristrettissima di fatto escludendo la maggioranza. Evola fu tollerato perche' probabilmente non era capito fino in fondo, e perche' comunque Mussolini era incostante nelle sue indicazioni al comitato di redazione della rivista.
 
    IL RAZZISMO STRUMENTALE DI BENITO MUSSOLINI
    Poiche' gran parte degli scienziati e dei giornalisti razzisti seguivano le indicazioni di Mussolini, viene da chiedersi che tipo di razzista fosse Mussolini: e la straordinaria risposta a questa domanda e' che in fondo a Mussolini importava della razza soltanto a scopo strumentale.
    Nel 1932, intervistato da Emil Ludwig, Mussolini aveva dichiarato:
"Naturalmente non esiste piu' una razza pura, nemmeno quella ebrea. Ma appunto da felici mescolanze deriva spesso forza e bellezza di una nazione. Razza: questo e' un sentimento, non una realta' ..." [cit. in 2]
 
    Inoltre, ancora nel 1934 Mussolini aveva incontrato in varie occasioni Chaim Weizmann, ebreo, sionista e futuro presidente dello stato di Israele e si era impegnato ad aiutare il movimento sionista a realizzare la patria degli ebrei in Palestina.
    Nel 1938 Mussolini divenne razzista probabilmente per compiacere Hitler e incoraggio' la pubblicazione del Manifesto della Razza e della rivista La Difesa della Razza; creo' l'Ufficio Studi della Razza a capo del quale mise Guido Landra e infine promulgo' le infami leggi razziali. Nella mente di Mussolini il razzismo doveva indirizzare la coscienza nazionale degli italiani in una direzione favorevole al suo regime, e, attraverso il connesso antisemitismo, rafforzare l'alleanza con Hitler e con quelle frange cattoliche rappresentate (tra gli altri) dal Gemelli. Come ogni altra idea del fascismo, il razzismo era per Mussolini una facciata e uno strumento, che doveva essere creduta dai suoi gerarchi e della quale doveva essere convinto il popolo; alla lunga probabilmente il Duce se ne convinse piu' degli italiani come accade ad ogni grande mentitore che finisce per irretirsi nelle sue stesse bugie. E' assolutamente incredibile l'aberrazione morale per cui il Duce era pronto a permettere lo sterminio di migliaia di cittadini Ebrei per il solo scopo di mantenere la finzione del razzismo; eppure di questa totale irresponsabilita' morale ci sono infinite prove nella vita politica di Mussolini, basti ricordare che l'Italia entro' in guerra nel '39 perche' egli aveva bisogno di "qualche migliaio di morti" per sedere al tavolo delle future trattative. Ed e' altrettanto incredibile che i razzisti fascisti fossero cosi' stupidi da non accorgersi delle ambivalenze e delle falsita' del Duce. Eppure questa e' la storia.
 
    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E NOTE
    1: Il Manifesto della Razza e' disponibile su vari siti internet (ad es. su Wikipedia o sul sito del Comune di Torino). E' riportato per intero, naturalmente, nel libro di V. Pisanty (ref. 2) e in quello di Maiocchi (ref. 3).
 
    2: V. Pisanty La difesa della razza, Bompiani, 2006. Una interessantissima antologia delle argomentazioni e degli articoli contenuti nella rivista La difesa della razza (1938-1943).
 
    3: R. Maiocchi Scienza italiana e razzismo fascista, La Nuova Italia, 1999.
 
    4: G. Israel e P. Nastasi Scienza e razza nell'Italia fascista, Il Mulino, 1998.
 
    5: U. Eco Il Cimitero di Praga, Bompiani, 2010.
 
    6: F. Germinario Razza del sangue, razza dello spirito. Julius Evola, l'antisemitismo e il nazionalsocialismo (1930-43), Bollati Boringhieri, 2001.

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